dicembre

Mostre: eventi internazionali per le ceramiche di Faenza
Un 2004 ricco di eventi internazionali quello programmato dal Mic, il Museo internazionale delle ceramiche di Faenza. Il primo appuntamento e' con la mostra ''Ceramica Cultura Innovazione 1851-2000'' che dal 27 febbraio al 3 maggio si muovera' attraverso diversi paesi europei. In mostra la storia della ceramica applicata al design e agli oggetti d'arredamento. In prima mondiale (la mostra sara' infatti successivamente ospitata a Parigi e poi a Bruxelles) le sale del Mic ospiteranno dal 25 giugno al 7 novembre ''Porcellana giapponese dal 1600 al 1800''. In contemporanea l'esposizione di una rara selezione di ''Maiolica datata dal XV al XVIII secolo''. Un'antologica dell'artista romagnolo Angelo Biancini chiudera' gli eventi del 2004 a 15 anni dalla scomparsa del maestro (novembre 2004-febbraio 2005).

Alla riscoperta di Gambone
PAOLO ROMANO (il mattino) Oltre duecento pezzi tra dipinti e ceramiche, un anno di lavoro, la prima grande retrospettiva completa mai dedicatagli: la Provincia di Salerno rende omaggio a Guido Gambone con una mostra a Palazzo Sant'Agostino che prende in esame il lungo periodo creativo dal 1930 al 1969. Quella di Gambone è la storia di un artista completo, quasi un ragazzo prodigio. A soli 20 anni era già un maestro riconosciuto dai ceramisti vietresi e poteva dettare le condizioni dei contratti. Spulciando tra i documenti inediti, "è stato trovato un contratto che - spiega Massimo Bignardi, curatore scientifico della mostra e del catalogo - Gambone sottoscrisse nel 1929 per la ditta Avallone. Riuscì ad ottenere il compenso di 450 lire mensili più una percentuale su ogni pannello realizzato, una paga altissima negli anni del miraggio delle mille lire al mese". Gambone fu compagno di scuola di Alfonso Gatto; come il poeta lasciò la sua Salerno ma nel 1950, per trasferirsi a Firenze. Non prima però di aver dipinto la sua Costiera sulla tela materiale e su quella della memoria e di aver visto Picasso alla Biennale di Venezia del '48. A Palazzo Sant'Agostino si possono ammirare per esempio le vedute della Costiera datate 1946 e 1947, ma anche una metafisica grigia veduta di via Canali del 1931. Gambone fu soprattutto un mostro sacro della ceramica e i pezzi migliori sono ora tutti visitabili a Salerno: dalla "donna fiasca" che trasforma un oggetto d'uso popolare in una scultura a "Leda e il cigno", dalla grande "Pietà" in gres al "Totem". "Non è stato facile mettere insieme tanti pezzi di un artista così eclettico - spiega il presidente della Provincia, Alfonso Andria - ma ci inorgoglisce sapere che diverse opere sono di proprietà del museo della ceramica di Villa Guariglia". Dopo Ulisse Caputo, Pietro Scoppetta, Antonio Ferrigno, Gaetano Capone, Mario Carotenuto e Gaetano D'Agostino, la Provincia dedica ora una mostra ad un altro grande artista salernitano, e lo fa proprio mentre a Detroit si celebra la grande stagione del design italiano. Tra i protagonisti di quest'ultima, com'è noto, figura anche Gambone. La mostra sarà visitabile (ingresso libero) fino al prossimo 31 gennaio. Una curiosità: lungo il percorso sarà diffusa la musica di Mozart, perché - come hanno confermato i figli Mariateresa e Bruno, presenti ieri all'inaugurazione - Gambone lavorava al ritmo delle suonate del geniale compositore austriaco.

Inaugurata la mostra di ceramica al Bellomo
(la sicilia) I reperti di ceramica dorata di Siracusa, Caltagirone e Paterna riuniti nella Galleria regionale di Palazzo Bellomo. Una mostra molto suggestiva per l'esposizione di alcuni manufatti, oltre 150, che vanno dal tredicesimo al diciassettesimo secolo. L'iniziativa, fruibile sino al 22 febbraio, è stata inaugurata ieri, nella sede del "Bellomo" e rientra nell'ambito delle celebrazioni per i 25 anni dell'assessorato regionale ai Beni culturali. Le maioliche a lustro esposte sono state realizzate con una tecnica di origine spagnola, poi ripresa dai vasai di Paterna, una cittadina nei pressi di Valencia, che per cinque secoli la diffusero lungo le rotte dei mercati internazionali. Si tratta dunque di una ceramica multicolore e raffinatamente dorata attraverso la "terza cottura" con sali di oro e argento. Ad essere coinvolti nel progetto, oltre la Galleria regionale di Palazzo Bellomo sono il Museo regionale della ceramica di Caltagirone e il museo "Municipal de ceramica" di Paterna, rispettivamente diretti da Vera Greco, Enza Cilia e Mercedes Mesquida. La maggior parte delle ceramiche, risalenti a diversi momenti storici, riconducibile al regno d'Aragona, sono importate da svariati luoghi, in particolare dalla Spagna, ma sono anche di provenienza siracusana anche se custoditi a Caltagirone. Alcune ceramiche furono infatti trovate durante gli scavi per la costruzione degli edifici destinati alle banche di piazza Archimede, mentre altri in provincia di Trapani. Questo dimostra l'importanza della Sicilia nelle rotte marittime, utilizzata soprattutto come tappa di approvvigionamento di grano ed altre vettovaglie. g.i.

Mostre, Horst Simonis. Una vita per la ceramica
(Adnkronos) Il museo ''Citta' Creativa'' di Rufoli (SA) ospita da oggi, venerdi' 19 dicembre, fino al 15 febbraio 2004, la mostra ''Horst Simonis: Una Vita per la Ceramica'' sull'artista sperimentatore recentemente scomparso. L'esposizione vuole essere un omaggio alla personalita' poliedrica di questo ceramista e scultore che con il suo prezioso contributo scientifico di ricerca e sperimentazione sui colori, sugli smalti, sui disegni e sugli impasti d'argilla ha dato vigore e innovazione all'arte salernitana. La mostra mette a fuoco l'intero percorso scientifico-artistico di Simonis, ricostruendo attraverso una ricca documentazione fotografica la sua geniale attivita' nella sperimentazione sulle tecniche e sugli smalti, che lo portarono a creare nuovi colori come il Rosso Selenio e il Blu Cobalto, ampiamente conosciuti e apprezzati in tutti i paesi del mondo, e ad elaborare un brevetto per l'annientamento dell'amianto tramite l'utilizzo dell'argilla di enorme importanza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Accanto all'esposizione delle opere ceramiche e degli smalti, realizzati a partire dagli anni '50, una sezione di riproduzione fotografiche mostra le installazioni ceramiche e delle sculture di grandi dimensioni (quali il totem, la meridiana, alcuni vasi interrati e una parete in Blu Cobalto) da lui realizzate nella Villa Simonis ad Ogliara (SA), dove e' vissuto fino alla sua recente scomparsa nel 2002.

In mostra allo studio Raffaelli di Trento i sorprendenti lavori dei due artisti Bertozzi & Casoni, ceramica non convenzionale
Di MARCO TOMASINI
(l'adige) Fa freddo a Trento e ancor di più allo Studio d´Arte Raffaelli, tanto che uno strato di brina si è adagiato sugli oggetti esposti. E´ opera di un Babbo Natale dispettoso o di Mr. Freeze, acerrimo nemico di Batman - l´eroe dei fumetti - con la sua pistola congelante? Nessuno dei due. Tutto è frutto della fantasia dei due artisti romagnoli Bertozzi & Casoni, dove l´e commerciale indica un lavoro di equipe, un´attività iniziata verso la fine degli anni Settanta tra design e utilizzo preponderante della ceramica. Oggetti, si è detto, ma non oggetti che hanno perso la loro funzione reale, venendo quindi a riproporre operazioni artistiche storiche super-sfruttate in cui l´elemento quotidiano perde la propria valenza, perché inserito in un contesto diverso da quello per il quale è stato inventato. Niente di tutto ciò: lo scolapiatti sorregge piatti, il bidone della spazzatura mantiene la funzione del contenere, lo stesso accade agli armadietti per i medicinali. A uno sguardo veloce, tutto appare normale. Ma c´è qualcosa di strano e degli avvisi applicati al muro avvertono di fare attenzione, perchè tutto è fatto in ceramica: primo spiazzamento nei nostri confronti. I due artisti hanno tradito il nostro senso della vista. I giornali accartocciati nel bidone, i mozziconi di sigaretta, le scatole di cerotti, i bidoni stessi: tutto in ceramica. Frastornati, ci appoggiamo al nostro stupore, ammirando un lavoro così certosino, in cui l´utilizzo della tecnica della fotoceramica, rende pressoché vera la pagina di giornale, come il flacone di disinfettante. Ma Bertozzi & Casoni giocano all´accumulo, sovrappongono più situazioni e c´introducono il secondo spiazzamento ai nostri danni. Questi oggetti sembrano acquistare un ruolo nuovo, diventando luoghi che alcuni esseri viventi hanno tramutato in abitazione. Le stoviglie dello scolapiatti dimostrano avere delle proprietà fertili vista la quantità d´escrescenze, di funghi gialli a pois sulla loro superficie; ambiente propizio alla vita, tanto da far capolino anche un camaleonte. Un pappagallo variopinto (anch´esso di ceramica) fa bella mostra di sé appollaiato sul bidone, come alcuni coleotteri hanno preso dimora tra i medicinali. La natura pare dominare la situazione, quasi fosse una rivalsa nei confronti degli oggetti prodotti dall´uomo. Ma non è finita qui. Elementi anomali concorrono a generare in noi un ulteriore disorientamento e quindi terzo spiazzamento: cosa ci fanno delle bombe a mano tra i medicinali? E delle ossa umane (ceramica!) in un cestino per la carta straccia? Tranelli e depistaggi. I significati si accavallano, si negano l´uno con l´altro: la trappola messa a punto da questi due artisti è scattata puntualmente, portando le nostre valutazioni su strade diverse, dimostrando la fragilità delle nostre certezze. E la fragilità della ceramica sembra ribadirlo. Unica certezza concessa è quello strato di brina che ricopre tutto, quasi per ricordarci che è Natale. La mostra di Bertozzi & Casoni allo Studio d´Arte Raffaelli in via Travai 22 a Trento rimarrà aperta fino al 28 febbraio 2004 con i seguenti orari: 10 - 12.30, 17 - 19.30; chiuso domenica e lunedì.

Galvani, storia di una famiglia per pezzi d'arte
di GILBERTO GANZER (il gazzettino) Lo Sfizio di via Stringher, nello spazio resosi libero nel palazzo Comunale, organizza ancora una volta un momento di visibilità-incontro che in questo caso percorre criticamente, o megliostilisticamente un'importante pagina di storia della ceramica; storia che ha caratterizzato scelte che ci hanno accompagnati nel tempo e in questo caso ha seguito più generazioni. Per non disperdere tale ricchezza e memoria Cosarini e Paola Molinelli hanno scelto la produzione della Galvani, che implicitamente parla di una famiglia che diede lustro non solo a Pordenone ma all'intero Friuli per l'impegno civile e culturale. Dall'Abate Giuseppe che fondò la Ditta nel 1811, producendo delle serie limitate al gusto folcloristico-popolare e forse già noto, sino alle coeve imitazioni delle produzioni inglesi dalla terraglie resistenti, queste rimanevano di colore chiaro anche dopo la cottura, il cosiddetto impasto Queensware, che Galvani imiterà ma solo nei modelli. Le modeste argille locali non permettevano infatti il confronto, tuttavia la borghesia locale si accontentava del modello inglese. La situazione muterà con il nipote di Giuseppe, Andrea, colto,meticoloso,preciso e documentato delle altre ditte sperimentando con successo tecniche applicabili a campi a Lui non tradizionali. Ci restano, nell'ambito ceramico, i modelli per macinare le argille e le nuove foggiatrici, mentre lo stile semplice e lineare continuava ad essere condiviso, inserendo tuttavia le tecniche a riporto, vantaggiose per il segno nitido e preciso assecondando modelli già famosi nella inglese Weagwood. La mostra qui offre vari pezzi che individuano gli originali dalle riproposte serie tardo-ottocentesche riprese con successo dalla clientela e tutt'ora confuse. Il vero percorso della ditta trionfò tuttavia nelle tipologie dei decori floreali dove la Galvani si inseriva nella apparente semplicità di soggetti dagli emotivi colori puri e vivacissimi, dati a colpi di pennello, colori particolari soprattutto nei verdi e nei gialli (vero e proprio segreto di famiglia). I servizi, i vasi, gli orci dopo il viraggio voluto con la direzione dell'Enrico Galvani non persero la tradizione come quella del piatto figurato, dove lo schema viene a volte infranto; così ingenuità ehumourpopolare continuarono nella vena creativa dell'anonimo decoratore. Si avvicinava tuttavia la volontà e la necessità di una produzione mediogrande dove far coabitare l'anima tradizionale con gli stimoli esterni; la svolta fu forse favorita anche dall'incendio della ditta originariamente ubicata nel convento soppresso di S.Antonio. Le prime grandi esposizioni e soprattutto quelle di Monza, dove Giò Ponti e Andloviz contrapponevano al folclorico le loro raffinate geometrie interessarono i Galvani che iniziarono a servirsi d'artisti come Polesello sino all'assimilazione di un linguaggiodecò e l'aprirsi a figure d'artisti come Balla e Anselmo Bucci. I decori divengono così più a la page grazie anche alle prestigiose relazioni che la famiglia aveva con il mondo finanziario triestino (non dimentichiamo che Giovanni, padre di Enrico aveva sposato Erminia Salem appartenente a una delle più potenti ed evolute famiglie della dinamica città portuale. È qui esposta una bellissima testimonianza di Ruffo Giuntini la serie dei dodici mesi" che benissimo sintetizza il clima di quel periodo ricco d'idee e proposte nuove.Con la direzione alla Galvani del Veneziano Angelo Simonetto (1906-1961) la ditta si affrancò dalla mera tradizione e grazie a questo inesausto designer formatosi nel clima veneziano e stimolato dall'opera di Giò Ponti possiamo godere in mostra una serie di inaspettate sorprese. Le scelte così coniugate tra Simonetto e un uomo della fatta di Enrico Galvani, che alla tradizione politica assimilava i fermenti della coeva trasformazione economica e culturale sembrano un rimando a quell'avo Andrea, vero fondatore della ditta; anch'egli generoso d'animo, di vasta cultura, privo del senso dell'ostacolo e partecipe consapevole delle iniziative di rilievo intellettuale, non solo cittadine. Una mostra dunque da vedere all'insegna di come questi oggetti, anche di uso comune, ci parlino un linguaggio lontano dallo spersonalizzante piatto di plastica. La chicca sono, poi, i disegni originali eseguiti a mano ad aerografo a bocca dai designer che nei vari stili Galvani accompagnano la presenza delle relative ceramiche in unexcursuscompleto dagli inizi alle ultime produzioni degli anni cinquanta.