febbraio

'BOTTIGLIE VIVENTI' GRIFFATE PONTI
di Nicoletta Barberini Mengoli
(rdc) È di recente pubblicazione un interessante volume, "Cari amici - Gio Ponti alla Cooperativa Ceramica d'Imola", ed. Itaca, dedicato al periodo della collaborazione di Ponti con la manifattura imolese, come designer. Oltre al materiale iconografico, compaiono lettere e schizzi di progettazione. L'architettura di Gio Ponti (Milano, 1891-1979) è nota in tutto il mondo: dalla torre Pirelli di Milano degli anni '50 alla cattedrale di Taranto ed al museo di Denver nel Colorado, simboli degli anni '70. Già direttore artistico della Richard Ginori, nel 1946, di ritorno da Faenza, si ferma a Imola dove, presso la Cooperativa, conosce lo scultore Domenico Minganti, direttore della sezione artistica dal '46 al '74, con il quale dà vita ad una collaborazione attivissima, contemporanea a quella con la manifattura Minghetti di Bologna. Due sono i momenti significativi del rapporto Ponti - Imola: il primo è legato alle plastiche eseguite da Minganti in omaggio ad artisti come Morandi, De Chirico e Campigli; il secondo alle Bottiglie viventi (nella foto), che si animano in varie forme: incravattate, incatenate, ingioiellate, trafitte, con diversi colori: bianche, rosse, blu o dorate a lustro. Ponti vuole esprimere in queste bottiglie, con la sua fervida genialità artistica, un manifesto dell'uso della decorazione. La ceramica si presta particolarmente alle sperimentazioni, ed egli vi trova un elemento duttile e rispondente, per le varie possibilità che offre, ad ogni moda in ogni tempo. La tradizione ceramica della Cooperativa di Imola parte, con questo nome, dal 1874. Prima era stata di proprietà di Sante Bucci e del figlio Giuseppe, e giova ricordare che Angelo Minghetti, non avendo ancora aperto la sua fabbrica a Bologna, veniva qui a cuocere i suoi pezzi. Determinante per la Cooperativa è stata, proprio nel 1946, la produzione di successo del decoro detto "del garofano blu", che riprende il garofano faentino con una variante di colore su tre tonalità di blu. Carmen Ravanelli Guidotti scrive nel volume citato: "Dobbiamo riconoscere all'Artista l'intelligenza tutta moderna del designer che, capita la forza della tradizione locale saldatasi tra forme e tematiche fatte proprie, intese che sarebbe bastato rigenerarle proprio con l'altra cifra locale altrettanto forte, il colore blu".

Saranno recuperate le ceramiche della fede
Oggi a Raito l'esposizione delle mattonelle di Villa Guariglia Mariella Sportiello
Vietri sul mare. Nel pomeriggio di oggi a Villa Guariglia, il museo della ceramica che si trova a Raito di Vietri sul mare, si terrà la presentazione del progetto per il recupero delle mattonelle e dei pannelli ceramici devozionali. Ad anticiparne i contenuti è lo stesso sindaco di Vietri, Cesare Marciano: "Questo progetto è nato da un'idea della direttrice dei Musei Provinciali, Matilde Romito, che ha fermamente creduto nel potere evocativo che queste splendide mattonelle riescono ad ottenere. Insieme alla Fondazione ''Villa Guariglia'', che ha avvallato il programma, hanno intenzione di presentare una parte della collezione di mattonelle del museo". La collezione annovera oltre 300 mattonelle votive, che insieme ai pannelli devozionali costituiscono il più antico patrimonio ceramico vietrese. Solo una parte verrà presentata nell'ambito della manifestazione. "Con questo progetto Vietri intende aggiungere un'altra nota di valore al suo nome, già famoso a livello mondiale per la ceramica - commenta Marciano - L'iniziativa dà risalto anche all'aspetto più arcaico e spirituale delle creazioni ceramiche e non solo a quello più prettamente commerciale che Vietri vive ogni giorno". La manifestazione di oggi pomeriggio è anche l'occasione per far conoscere, a quanti ancora l'ignorano, la bellezza e l'importanza storica di Villa Guariglia, che è stata la dimora del re Vittorio Emanuele II durante la Seconda Guerra Mondiale, allorquando Salerno era la capitale d'Italia. La cerimonia inizia alle 17,30. Saranno esposte opere di Giancappetti.

Sarà allestita direttamente dagli espositori
Mostra della ceramica protagonisti gli artigiani

(gdm) GROTTAGLIE "La prossima mostra della ceramica sarà allestita direttamente dai ceramisti. Ovviamente, con il dovuto supporto organizzativo del Comune". La notizia è di quelle senza precedenti in un settore - appunto quello della ceramica - fatto di addetti ai lavori votati perloppiù all'individualismo. E questa notizia, per certi versi - insistiamo - clamorosa, l'ha anticipata proprio il sindaco Raffaele Bagnardi. Lo ha fatto in occasione del suo incontro con la stampa in cui - come abbiamo riportato l'altro ieri - egli ha tracciato il bilancio dell'attività amministrativa svolta ed i prossimi impegni programmatici; parlando anche della "verifica politica" in corso d'opera. Il sindaco non è entrato in tutti i dettagli organizzativi della tradizionale rassegna estiva. Così, al di là della "novità" dell'organizzazione in proprio da parte dei ceramisti, non si sa ancora se, da questi, la mostra sarà allestita (come sempre negli ultimi anni) nelle sale del castello Episcopio. O se invece tornerà, come si è fatto nei primi anni, dopo il trasferimento dai locali scolastici, nello stesso quartiere delle ceramiche. Nel suggestivo quartiere "t'li camenn're". Comunque sia, questo nuovo tipo di organizzazione diretta dei ceramisti rappresenta una sorta di svolta in positivo nei rapporti di collaborazione tra questi e la stessa amministrazione comunale. Certo è che, a questo punto, sembra però allontanarsi ancor di più l'idea della costituzione di un "comitato permanente della mostra"; un comitato che - come è stato più volte sostenuto - si occupi per 365 giorni all'anno e non solo per un mese o poco meno della rassegna più importante dell'artigianato-principe di questa città. Intanto, gli appuntamenti più immediati per la promozione della ceramica locale sono quelli fissati a Milano (dal 15 al 18 prossimi) in occasione della Bit, la Borsa Internazionale del Tursimo; e nel "tour" già organizzato negli Stati Uniti in collaborazione con l'"Associazione Italiana Città della Ceramica" - in acronimo: Aicc - di cui Grottaglie fa parte con gli altri 27 Comuni di antica e consolidata tradizione ceramica. Quelli, per intenderci, che sono riconosciuti quali centri italiani in cui la ceramica potrà fregiarsi del marchio "doc". Come ogni prodotto di pregio; e non solo di carattere alimentare. c. pet.

Fancello e le meraviglie della ceramica
Il 15 febbraio la cerimonia del premio biennale dedicato alla memoria del celebre artista dorgalese

(la nuova sardegna) a.b.NUORO. Con la prima edizione del premio biennale Arte della ceramica "Salvatore Fancello", alla quale hanno partecipato 130 artisti, Nuoro è entrata a far parte, a pieno titolo, della culla delle espressioni artistiche più raffinate. Sabato 15, nella sala consiliare del palazzo civico, saranno consegnati, nel corso di una specifica cerimonia, i premi ai vincitori delle tre sezioni previste dal concorso dedicato alla memoria del dorgalese Salvatore Fancello, considerato il ceramista più prestigioso della Sardegna.Il sindaco Mario Zidda e l'assessore alle Politiche educative Teresa Pintori hanno esaltato lo spirito dell'iniziativa, fortemente voluta dal comune. Premio che si propone di rilanciare un settore che nell'isola ha sempre rivestito una grandissima importanza, non solo dal punto di vista artistico, ma anche economico."L'intento del concorso - ha detto Zidda - è quello di offrire un'opportunità per farsi conoscere dal grande pubblico, oltre che un'occasione per confrontare la propria produzione con quella di altri, di oggi e di ieri, che hanno scelto di esprimersi attraverso questo lunguaggio artistico. Lo scopo è quello di fare in modo che Nuoro continui ad essere la culla di simili innovazioni e soprattutto il luogo dove si arrichisce e si valorizza questa preziosa e straordinaria eredità nel settore della ceramica. In Barbagia è la tecnica espressiva che più di altre ha contribuito ad arricchire la tradizione artistica con opere magistralmente eseguite da tre grandi maestri: Francesco Ciusa, Salvatore Fancello e Costantino Nivola".Dal canto suo, l'assessore Teresa Pintori ha sottolineato che è "con questo spirito che il Comune ha indetto il concorso regionale, in collaborazione con la Fondazione Banco di Sardegna. Oltre al rilancio del settore, si vuole stimolarne la ricerca - ha detto -, il rinnovamento tecnico di materiali, forme e modi espressivi nelle due differenti declinazioni: applicata e pura. All'interno del concorso trova posto la più significativa produzione ceramica sarda, dalle botteghe artigiane del territorio provinciale, alla produzione artistica. Con questo Premio si vuole dare un prezioso supporto al rinnovamento del dibattito sulla ceramica, senza nulla togliere all'esistente consolidato che fa capo ai rinomati centri tradizionali, proponendo di affiancare e rilanciare, sostenendola, un prestigiosa eredità, e con essa anche il possibile straordinario settore da consegnare alle nuove generazioni".Sono 130 i concorrenti che hanno preso parte al concorso. La giuria, composta dal dirigente comunale Giovanni Deiana, dal presidente della Fondazione Nivola Ugo Collu, dallo storico della ceramica Antonello Cuccu, dal direttore scientifico della Electa di Milano Carlo Pirovano e dal ceramista Alessio Tasca, ha selezionato 31 opere. Per le tre sezioni sono risultati vincitori: Antonio Porru e Arnaldo Manis. Per le scuole: l'istituto statale d'arte di Oristano; l'istituto d'arte di Lanusei e il liceo artistico di Cagliari.

TRA PUNTA CAMPANELLA, JERANTO E CAPO DI SORRENTO
Mattonelle d'autore disegnano nuovi percorsi
Sentieri da esplorare: un modo per lanciare un turismo alternativo

(il mattino) GENNARO PAPPALARDO Artistiche mattonelle in ceramica per guidare escursionisti e turisti lungo gli itinerari più ineressanti sotto i profili ambientali, archeologici ed artistici della Terra delle Sirene: più di 200 piastrelle dipinte a mano per 109 chilometri di sentieri pedonali tra bellezze naturali e siti storici disseminati tra Punta Campanella, Sant'Agata sui due Golfi, Jeranto, Capo di Sorrento, Sant'Agnello e perfino Cava dei Tirreni con l'Alta Via dei Monti Lattari. È stata completata nei giorni scorsi la segnatura dei percorsi pedonali di guida per gli itinerari ambientali ed archeoligici previsti dal "Nuovo Progetto Tolomeo", ideato e realizzato dal cartografo Giovanni Visetti per l'Azienda turistica di Sorrento-Sant'Agnello ed i Comuni di Massa Lubrense e Sorrento. Un'operazione che contribuisce allo sviluppo di un nuovo segmento turistico: quello che, unendo amore per la natura e passione per il moto, è sempre più "trendy" tra i turisti e gli escursionisti italiani e stranieri. Il "Nuovo progetto Tolomeo" intende bissare il successo ottenuto nei primi due anni del terzo millennio quando erano stati circa diecimila i turisti che a piedi, seguendo la segnaletica dei sentieri pedonali tracciati da Giovanni Visetti su altro tipo di piastrelle e riportati con una diversa simbologia nei depliants "Terra del mito di Ulisse e dimora delle Sirene" pubblicati a cura dell'assessorato al turismo di Massa Lubrense, si recavano a Punta Campanella per ammirare Capri. Ora che sono state sistemate le nuove 205 mattonelle, un vero tesoro artistico perchè colorate a mano da Monica Galano e cotte nel forno del laboratorio di ceramica "La Campanella" di Termini a Massa Lubrense, escursionisti e turisti, anche alle prime armi, si troveranno a loro agio nelle passeggiate poichè queste non solo indicano le direzioni delle località da raggiungere, ma anche le distanze e nei casi più interessanti anche i motivi degli itinerari: una torre costiera del periodo medievale, un'insenatura nascosta, una chiesetta,un momunento, e perfino il numero degli scalini mancanti alla meta. La rete degli itinerari è divisa in quattro gruppi: percorsi lunghi e longitudinali con partenza da Sant'Agnello, Colli di Fontanelle, Cava dei Tirreni; itinerari "coast to coast" che collegano le marine di Puolo, della Lobra e del Cantone; e poi altri sentieri che guidano al raggiungimento dei centri principali: Sorrento, Massa Lubrense, Sant'Agata sui due Golfi, Sant'Agnello, dove le indicazioni, invece che su mattonelle, si trovano su segnali in metallo.

CERAMISTI UNITI INTORNO AL PIATTO
(la nazione) GUALDO - Il piatto da tavola fra tradizione, nuovi costumi e "design". E' questo il tema del concorso nazionale promosso dall'Ente ceramica di Faenza col patrocinio del Comune, al quale possono partecipare tutti i ceramisti che operano nelle città di antica tradizione artigiana e gli studenti degli Istituti d'arte e degli Isia italiani. Il concorso vuole essere l'evento caratterizzante dell'edizione 2003 di "Pianeta Faience-Estate ceramica". Le proposte pervenute entro il 31 marzo verranno poi esposte in mostra a Faenza dal 21 giugno al 19 ottobre (Palazzo delle esposizioni). Il bando e lo schema di domanda di partecipazione sono a disposizione presso le associazioni di categoria e presso l'ufficio dello Sviluppo economico del Comune di Gualdo Tadino.

La ceramica del '900 mette in mostra Pompeo Pianezzola
(il giornale di vicenza) di Giovanna Grossato PompeoPianezzola espone a Roma al Museo del Corso, assieme ad altri ventiquattro noti ceramisti italiani - tra cui Balla, Baj, Marini, Martini, Fontana, Paladino, Savinio - in una mostra di successo dal titolo Keramos. La ceramica nell'arte contemporanea italiana 1910-2002 che, inaugurata a dicembre, si concluderà il 23 febbraio. La rassegna si muove all'interno di un programma dedicato ad alcuni approfondimenti sull'arte del Novecento italiano ed internazionale promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma ed è incentrata sull'utilizzo della ceramica come forma espressiva, quindi la presenza di Pianezzola vi appare del tutto coerente e appropriata. Ben noto a Vicenza anche grazie all'antologica allestita a Palazzo Thiene nell'autunno dello scorso anno, Pompeo Pianezzola rappresenta l'anima stessa del linguaggio coroplastico, un'anima che germina dalla terra novese in cui è nato e che lo pone, assieme a pochi altri tra cui il conterraneo Alessio Tasca, ai vertici della produzione artistica di questo tipo. Il senso materico che egli riesce a dare alle superfici e alle "scritture" che si sviluppano anche nel tempo, oltre che nello spazio, le colorazioni delle sue sculture ottenute dalle cotture di materiali diversi, sono oggetto, da parte di voci autorevoli, di analisi critica che si riferisce ad un'attività che data ormai da più di cinquant'anni, da quando cioè Pianezzola iniziava a partecipare, nel 1949, alla sua prima Triennale di Milano e alle Biennali di Venezia degli anni Cinquanta.

Il mondo di Gio Ponti La Triennale ospita fino al 27 aprile una rassegna delle creazioni di arredamento e design del celebre architetto milanese.
(il nuovo) MILANO - Le sue creazioni sono state un must nel campo dell'architettura e del design contemporaneo. Grazie a lui il capoluogo lombardo ha alcuni fra i più bei palazzi moderni, da palazzo Montecatini al mitico "Pirellone", simbolo del boom economico e della rinascita italiana. Ora la sua Milano gli dedica una fondamentale retrospettiva. Gio Ponti. A World (Gio Ponti: Un Mondo), si inaugura oggi alla Triennale e resterà fino al 27 aprile. La rassegna comprende più di 400 oggetti, tra mobili ed altri oggetti da arredamento, ceramiche, dipinti, progetti, plastici, disegni, libri, riviste. L'occasione per la mostra, l'inizio del progetto di recupero del Grattacielo Pirelli, che resta la sua opera più famosa.Tutta l'attività di Gio Ponti (Milano 1897 - 1979) viene documentata al partire dagli anni Venti quando egli, dopo aver combattuto nella prima guerra mondiale, creò un nuovo stile, in architettura come nel design, avente alla base un'ispirazione di matrice classica, con un ricco impianto decorativo ma anche con moderne semplificazioni in chiave geometrica. In questo primo periodo fu soprattutto la sua collaborazione con la manifattura Richard Ginori a portare ad un rinnovamento figurativo, popolando le sue maioliche e porcellane con architetture, personaggi mitologici, ma anche aeroplani e mongolfiere.Il decennio successivo vide Ponti impegnato nella realizzazione di importanti edifici pubblici: Facoltà di Matematica a Roma (1934), Palazzo Montecatini a Milano (1936) Facoltà di Lettere a Padova (1937). Nella realizzazione di questi edifici, Ponti si impegnò anche nel design dei dettagli, ringhiere, ascensori, sanitari, fino agli arredi interni. Gli anni terribili del secondo conflitto mondiale vedono una forzata interruzione dell'attività nelle grandi opere di Gio Ponti, che ebbe comunque una rinnovato interesse per le arti decorative, collaborando con la vetreria Venini di Murano e con Piero Fornasetti, per il quale disegnò diversi mobili. Di questi anni furono anche alcune scenografie teatrali.Fu negli anni Cinquanta che venne la consacrazione di Gio Ponti come protagonista di primissimo piano nella storia dell' architettura di questo secolo con il Grattacielo Pirelli, sua opera più famosa, e grandi ville a Caracas e a Teheran. Egli non trascurò tuttavia anche un'architettura prefabbricata e standardizzata, destinata ad un più vasto pubblico.Gli anni Sessanta e Settanta videro Ponti impegnato anche nell' architettura religiosa: chiese con grandi finestre aperte sul cielo e rivestimenti in piastrelle a diamante, che riflettono la vita della città. Anche nei suoi ultimi anni il grande architetto continuò quindi ad inventare. Ad Hong Kong e Singapore realizzò grandi edifici con superfici ricoperte di ceramica disegnata e brillante. I suoi arredi, pensati anche per case a paretimobili, furono bianchi o in laminato plastico a colori brillanti. Gli stessi colori che Ponti stese su grandi lastre di plexiglass, dipingendo angeli e misteriose figure femminili.

Bombardamento distrusse la fabbrica di Luigi Fabris
(il giornale di vicenza) di G. B. Vinco Da Sesso Tra i bassanesi residenti a Milano negli Anni Trenta spiccava il professor Luigi Fabris, scultore, pittore e ceramista. Egli era nato a Bassano nel 1883 da Augusto che aveva casa e bottega di ferramenta in via Roma e da Vittoria Carraro. Dopo aver compiuto gli studi inferiori, vista la sua passione per le cose d'arte, venne inviato all'Accademia di Venezia, dove diventò allievo dello scultore Antonio Dal Zotto, che lo volle come suo collaboratore nell'atelier di Campo San Vito. Da lui il giovane bassanese derivò, oltre all'accuratezza scrupolosa nell'esecuzione, quel desiderio di verità che caratterizza tutte le sue creazioni. Ma Luigi Fabris portava con sé anche un'altra passione, quella per la ceramica, ch'era favorita dalla fervida tradizione della città natia. Egli fece le prime prove di ceramista tra vasi, piatti, cestine e specchiere della celebre manifattura Passarin. Questa fu da lui rilevata nel 1912, dopo quattro anni trascorsi come insegnante nella Scuola d'arti e mestieri di Pontedilegno, in provincia di Brescia, dove sua moglie Eleonora Velo diede alla luce il primogenito Augusto. Luigi si andò affermando soprattutto per le sue figure in porcellana, modellate e decorate con estrema finezza e preziosità, figure che ricreavano con grazia e fantasia il mondo settecentesco veneziano. Quando scoppiò la prima guerra mondiale e Bassano finì sotto i colpi dei cannoni austriaci, egli con la famiglia, che nel frattempo era cresciuta con il secondogenito Giannantonio, si trasferì a Milano. Qui nel 1918 aprì uno studio di scultura e pittura e, poco tempo dopo, con coraggioso spirito imprenditoriale, avviò una fabbrica di porcellane in piazza Indipendenza. Le sue statuine, siglate con l'ancora rossa, cominciarono a diffondersi per il mondo e nel 1929 arrivarono anche ad essere esposte alla Fiera di Dresda, tra l'ammirazione dei visitatori. Alcuni esemplari di questa produzione si possono ancora vedere in certe case bassanesi, custoditi gelosamente. La meravigliosa impressione, che si provava nella cosiddetta "bottega delle porcellane" di Luigi Fabris nella capitale lombarda, venne così descritta in una piacevole e interessante articolo di un bravo giornalista del quotidiano milanese "Ambrosiano": "Questa "bottega" sembra uno strano luogo ove si siano dati convegno i personaggi più tipici del Settecento veneziano. Attorno alle pareti dello studio, le bacheche allineano una teoria di belle figure femminili e di inappuntabili e cavallereschi zerbini. Tutte le figure della Venezia galante ed incipriata vi sono rappresentate: dalla dama onusta di broccati, di trine e di merletti, soffusa di languore e guizzante di furbesca malizia, al cavalier servente che incede in parrucca bianca, spadino e tricornetto, dalla damina che al suono dell'arpa canta Metastasio, al vecchio patrizio infreddolito che fiuta rapò, dalle belle signore che fan ala al clavicembalo alla bella ignota che nasconde il volto nella compiacente bauta. Vi sono poi i Brighella e gli Arlecchini, le Colombine e le Fornarine. L'arte del Fabris sta appunto in questi sapienti tocchi di grazia distribuiti qui e là e accoppiati alla cura meticolosa del particolare". Tre anni dopo, durante la seconda guerra mondiale questo mondo incantato della "bottega delle porcellane" venne distrutto da un disastroso bombardamento che colpì Milano.

CERRETO SANNITA. RISPUNTA LA FAENZERA DI NICOLA RUSSO
Ceramica, ritrovata la bottega dei maestri del '700
(il mattino) AGOSTINO DI LELLA
Ritrovata a Cerreto la faenzera, completa di fornace, dove dall'anno 1706 operò il maestro ceramista napoletano Nicola Russo e dove poi sono passati i più grandi artisti della locale tradizione maiolicara. L'eccezionale rinvenimento é avvenuto durante i lavori di risanamento igienico di un'abitazione che oggi affaccia su piazza Luigi Sodo. L'intera vicenda merita di essere raccontata nei dettagli. Si é sempre saputo, e la notizia era suffragata dagli storici locali e dai numerosi ritrovamenti di pezzi di antiche maioliche, che nella parte bassa di Cerreto, all'ingresso del paese, era ubicato il quartiere delle faenzere, cioè i laboratori ed i forni della ceramica cerretese operanti durante la ricostruzione del dopo-terremoto del 1688. E le tracce di tali presenze son rimaste documentate fino ad epoca recente, quando, nel 1941, la poetessa e pittrice Giuseppina Goglia, proveniente dalla terra di Puglia, raccontò in un gustoso volumetto un suo viaggio a Cerreto Sannita, alla ricerca dell'antica ceramica; e descrisse quella fornace, ancora operante all'ingresso del paese; e narrò l'incontro con Salvatore Biondi e la sua splendida collezione di maioliche, allora intatta, oggi purtroppo dispersa in mille rivoli. Prodotti d'autore "Ed in quella stessa faenzera, - dichiara il presidente della Pro loco Renzo Morone, immediatamente intervenuto per salvare le vestigia di una gloriosa pagina di storia e di arte - come risulta da atto notarile, riportato in "Palazzi, case e famiglie cerretesi" dello storico Renato Pescitelli, lavorò mastro Nicola Russo, famoso faenzaro napoletano. Costui importò, nella Cerreto che si andava ricostruendo, un nuovo modo di lavorare l'argilla che, mescolandosi alla tradizione locale, diede luogo alla splendida ceramica popolare cerretese del Settecento, diffusa ancor oggi nei musei di tutto il mondo; e non solo nei musei, se é vero che, nei giorni scorsi, la casa d'aste Semeraro di Firenze ha battuto alcuni pregevoli pezzi di antica ceramica cerretese". In seguito, nella stessa faenzera, allievo del Russo, apprese i segreti dell'arte figulina il maestro cerretese Domenico Marchitto. Dal 1854, poi, la bottega passò alla famiglia Teta, che, con i maestri Giovanni e Ludovico, conservò alto, per circa un altro secolo, il nome della tradizione ceramica cerretese. Oggi, quando se ne erano perse le tracce da oltre mezzo secolo, l'antica faenzera é tornata alla luce, naturalmente, e non poteva essere altrimenti, in casa Teta. Infatti, nella casa di Giovanni Teta, pronipote del grande maestro, durante gli accennati lavori di risanamento igienico di quella che era stata l'abitazione degli avi, é stato operato il clamoroso ritrovamento. "Ringrazio Giovanni Teta - dice ancora il presidente Morone - per la disponibilità mostrata alla nostra proposta di recupero delle antiche vestigia: l'intero ritrovamento sarà messo in rilievo e, con l'intervento della Proloco, sarà protetto con un vetro trasparente".

Lu Bin ritorna a faenza
(corriere romagna) FAENZA - Due anni fa fu tra i premiati al 52° Concorso Internazionale della Ceramica d'arte Contemporanea. Con l'opera "Brick and Wood Structure XII" (nella foto) l'artista cinese Lu Bin si aggiudicò la Medaglia d'argento del Presidente della Camera dei Deputati ed anche un premio particolare, consistente nella possibilità di un prolungato soggiorno in un territorio ad alta concentrazione di fornaci per la ceramica, come Impruneta e Montelupo Fiorentino messo a disposizione dal Centro Culturale Residenza per Artisti "La Loggia", associazione no profit fondata e diretta dall'ingegner Giulio Baruffaldi esperto d'arte ed ex antiquario.Proprio in questi giorni, Lu Bin sta trascorrendo il periodo di lavoro e preparazione nel Centro d'Arte Contemporanea di Montefiridolfi, nel borgo quattrocentesco della Fattoria La Loggia, una delle più note del Chianti Classico, a pochi chilometri da Firenze, nel territorio di San Casciano in Val di Pesa.Le opere che sta creando durante la permanenza presso il Centro Culturale, secondo il regolamento, faranno parte di una mostra prima nella Limonaia della Villa Medicea di Montefiridolfi e successivamente al Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza dove l'artista sarà oggi, nel corso di una visita in città che lo porterà anche in alcune botteghe artigiane.Al Mic, Lu Bin, come altri degli artisti ammessi al Concorso Internazionale 2001, ha donato la propria opera esposta nell'ambito della manifestazione.

Nell'antica fornace ritrovata lavorò nel '700 il maestro Nicolò Russo (il mattino) AGOSTINO DI LELLA
L'antica faenzera, officina e laboratorio per le realizzazioni delle maioliche firmate dai più noti maestri della ceramica cerretese del Settecento (e dove lavorò il grande maestro napoletano Nicolò Russo), ritrovata all'interno di un vecchio edificio, ha suscitato unanime soddisfazione a Cerreto Sannita. Dell'esistenza del quartiere delle faenzere si era sempre saputo, ma il poter toccare con mano le antiche fornaci é ben altra cosa. La faenzera, superfluo a dirsi, prende il nome dalla cittadina romagnola di Faenza, culla italiana dell'arte figulina, che ospita il ricchissimo museo internazionale della ceramica, il quale dedica anche un'intera bacheca alle maioliche cerretesi del Settecento. E nell'antica capitale dei Carafa, sulle ali dell'entusiasmo per il ritrovamento, le già esistenti programmazioni relative al museo della ceramica, a mostre e cataloghi, a Biennale e Presepiarte, trovano maggior vigore nella consapevolezza che la storia e l'arte di un glorioso passato, un poco alla volta, tornano alla luce. E così il presidente della Pro loco, Renzo Morone, che del ritrovamento e del progetto di valorizzazione é artefice e sostenitore entusiasta, dopo essere partito in quarta con un diluvio di progetti di conservazione ed esposizione al pubblico, ripropone poi un'antica e finora vana proposta: "Oggi - dice Morone -, nel momento in cui l'Istituto d'Arte ha dichiarato la propria disponibilità a realizzare nuove targhe toponomastiche in ceramica, perchè l'Amministrazione comunale, riprendendo anche un vecchio progetto, non "battezza" le strade senza nome intitolandole alla grande tradizione ceramica ed ai suoi più insigni interpreti? Che senso ha continuare a conservare vie anonime o intitolate a nomi insignificanti per la nostra storia? Perchè non chiamare, come una volta, "via della Faenzera" l'attuale, anonima strada che costeggia la caserma dei Carabinieri? La Passeggiata nella Storia - conclude Morone - si completa anche con una saggia intitolazione delle strade". La proposta appare suggestiva e, nel contempo, di facile realizzazione, ma, ci si chiede, si possono riporre speranze di rapida attuazione in una Giunta comunale che, ad esempio, dopo aver decretato da mesi il senso unico all'inizio di corso Umberto primo, non riesce poi ad imporsi per farlo realizzare? Lo storico locale Renato Pescitelli racconta una vicenda vera che sembra quasi un aneddoto: il maestro Nicolò Russo aveva portato con sè da Napoli, come lavorante nella faenzera, Antonio Giustiniano, padre del celebre Nicola; la sera del 27 agosto 1729, forse per una distrazione, Antonio dimenticò di spegnere la fornace e provocò un vasto incendio che distrusse "tutti li vasi che si cuocevano" e persino la contigua casa di Girolamo Mastracchio. Le cronache dell'epoca non riferiscono le devastanti conseguenze dell'ira del Russo; ma la faenzera poteva essere ritrovata anche per una testimonianza in versi del governatore Migliorini: "Poco d'ivi lontano (dalla Cattedrale ndr.) é la Faenza/ cioè dove si fanno i vasi bianchi/ e dipinti con somma diligenza".