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FESTIVAL DI PRESEPI. A Bassano e Nove due mostre di alto livello artistico visitate già da migliaia di persone. Natività in ceramica e maiolica Alla chiesetta dell’Angelo splendide interpretazioni della scuola di Caltagirone Bassano A Bassano e a Nove sono in corso due mostre di presepi davvero di grande livello.
(il gazzettino) Nella città del Grappa, presso la chiesetta dell'Angelo, è stata allestita l'esposizione "Presepi di Caltagirone, dalla tradizione alla interpretazione". Separate geograficamente da 1300 km., Caltagirone e Bassano sono unite dalla comune appartenenza alla Associazione nazionale dei centri di antica tradizione ceramica; una sorta di gemellaggio artigianale ed artistico che lega alcune peculiari realtà della Penisola. A Bassano come a Caltagirone l'interpretazione dello spirito popolare si fa parte viva del tessuto sociale, culturale ed economico del territorio. L'iniziativa, promossa ed organizzata dall'Assessorato alla cultura, è stata resa possibile dalla preziosa collaborazione dell'Azienda di promozione turistica di Catania e dell'Azienda autonoma di turismo di Caltagirone, proprietaria di una ricca raccolta di presepi sia tradizionali che di concezione moderna. Il presepe, nel suo piccolo, è un ancoraggio alle proprie radici. In quest'ottica, con la speranza di rinnovare nel suo significato più profondo ogni espressione di questo mondo, per recuperare valori e confermarli, il mostrare esempi di un più o meno recente passato è operazione meritoria. "Dopo una sola settimana di apertura, - ci ha riferito l'assessore alla Cultura di Bassano, prof. Giorgio Pegoraro - la mostra ospitata in chiesetta dell'Angelo, ha già superato il migliaio di presenze. I visitatori potranno ritrovare una serie di presepi tradizionali, molti dei quali però rivisti in chiave moderna. La rassegna si compone di interessantissime opere realizzate da artisti, artigiani e figurinai calatini, in argilla refrattaria ingabbiata, in terracotta policroma, maiolica policroma, ceramica decorata, terracotta. La mostra resterà aperta sino al 20 gennaio con ingresso libero. Orari: da martedì a domenica dalle 15 alle 19. Grande successo sta ottenendo anche la mostra dei "Presepi in ceramica" di Nove, che egualmente ha toccato la soglia di un migliaio di visitatori. Alcune delle opere di questa terza edizione dell'esposizione sono state esposte a Villa Contarini di Piazzola sul Brenta e a Montagnana. Tra i presepi in visione alla sala "de Fabris" del Museo della ceramica, realizzati in ceramica, maiolica, terraglia e semigress, ce ne sono alcuni di noti artisti come Elisa Schiavon, Federico Bonan, Bruno Breggion e Giovanni Tosin. I lavori sono stati eseguiti a mano da ceramisti locali e non, ognuno con il proprio stile.Alla rassegna novese si possono ammirare 54 opere natalizie di autori provenienti da Nove, Marostica, Vicenza e perfino dalla Toscana. La mostra resterà aperta fino al 6 gennaio con questi orari: giovedì e venerdì dalle 15 alle 18.30; domenica e festivi dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.30. Dopo il 6 gennaio, e fino al 9, la mostra rimarrà aperta soltanto per scuole.Due appuntamenti che sarebbe davvero un peccato perdere. Alessandro Carraro

L'anima dei popoli negli ottomila "cuchi" di Cesuna Un museo nato dalla passione di un collezionista fa tornare in auge i fischietti» di Fiorenza Conti
(il mattino di padova) Durante le vacanze invernali c'è un motivo in più per recarsi, o fermarsi, a Cesuna sull'Altopiano dei Sette Comuni. Qui si trova il mitico Museo dei Cuchi - Strumenti popolari a fiato (Via XXVII Aprile, 16; tel. 0424 694283). Unico nel suo genere in Italia, il museo privato è nato per volere del collezionista Gianfranco Valente. Questi, nato a Cesuna, negli anni '60 ebbe in dono tre "cuchi" e da allora si appassionò a questi simpatici fischietti che esprimono le radici della cultura popolare dell'Altopiano. Il collezionista cominciò così a raccoglierli alle mostre e ai mercatini italiani ed esteri; ogni anno, ad esempio, si reca a Eimaischen in Lussemburgo, dove il Lunedì di Pasqua si tiene la mostra mercato dei fischietti a forma di uccellini in ceramica smaltata. Oggi, la sua collezione conta oltre ottomila pezzi provenienti da tutto il mondo, di cui tremila sono esposti nei due piani del suo museo. Quest'anno poi a Canove si è tenuta la 5ª Biennale Internazionale del Fischietto in Terracotta. I partecipanti al concorso (oltre 150, di cui 40 stranieri) hanno prodotto ben 800 fischietti che sono ora custoditi proprio al Museo dei Cuchi. La fantasia dei "figuli", o maestri "cucari" che dir si voglia, ha dato forme, colori e suoni ad oggetti, persone ed animali tra i più diversi: bambole, soldatini, maschere, uccelli di varie specie, personaggi della politica, della storia e delle favole. Da Craxi a Napoleone, passando per l'Orco dei Ghelpach - eletto a Cesuna Cuco ufficiale dell'anno 2001 - il fischietto di terracotta mette allegria solo a guardarlo... Comunque, la tradizione del "cuco" impera da Nord a Sud del Paese, dove un ritornello recita: «Se d'amore hai una cotta / prendi il fischio in terracotta». L'epoca d'oro dei "cuchi" sì è avuta tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del XX secolo. Negli ultimi vent'anni, però, tra i nostri artigiani sembra essere rinata la passione per questo singolari strumenti a fiato. Il "cuco"doc" made in Veneto - nella nostra regione, e in particolare nel Vicentino, l'interesse per questa particolare ocarina è assai vivo - è quello in terracotta ad un foro e, ovviamente, fa cucù. I "cuchi" di dimensioni più grandi sono invece detti "archi-cuchi"; famosi sono quelli fatti in quel di Nove, terra di ceramica, poco distante da Bassano del Grappa, come quelli dette "delle Nove", soprattutto a forma di galli. Non a caso poi, dalle nostre parti, si dice: «Veci come el cuco», visto che le origini di questi simpatici oggetti, dalle Ande all'India, risalgono alla preistoria. Tornando a Canove, c'è da sapere che qui, il 25 aprile, giorno di San Marco Evangelista, patrono del paese, è tradizione che gli uomini regalino alle loro donne un "cuco" - per altro simbolo maschile - quale pegno d'amore e di corteggiamento. Le donne, a loro volta, ricambiano con un dolce uovo di Pasqua. Ma anche il Museo civico della Ceramica di Nove ora può vantarsi dei suoi "cuchi". Ha infatti acquisito di recente la collezione di fischietti - ben 1200 esemplari - del defunto giornalista bolognese Athos Cassanelli. Grazie a questa donazione, il comune del Vicentino può aspirare a costituire una sezione del museo unicamente dedicata ai "cuchi". Se andiamo oltre confine, solo in fatto di nomi, c'è di che sbizzarrirsi: troviamo il rossignol à eau (usignolo ad acqua, fischio ad acqua prodotto sin dall'inizio del XX secolo, ma ora in via di estinzione) in Belgio; il pickvillercher (cuculo con fischio) in Lussemburgo; il savikukko (gallo d'argilla) in Finlandia; il sip, (fischio) in Ungheria; il pito o silbato (fischio), ma anche il botijo (letteralmente brocca, fischio ad acqua), il pito tortolo (tortora con il fischio) e il rusinor (usignolo di Valenza) in Spagna; il savi piilu (fischio in ceramica) in Estonia; il bird wistle (uccello con il fischio) in Inghilterra; e, ancora, il cucu in Portogallo. Come dire, anche un "cuco" può servire ad unire il mondo. A dispetto della globalizzazione.

Primi contatti per mostre di ceramica in Perù
(il resto del carlino) Manuel Merino Jimenez, direttore del dipartimento di ceramica del Museo nazionale di antropologia e storia del Perù è stata l'ultima personalità del mondo scientifico-artistico ad aver visitato il Museo delle ceramiche di viale Baccarini nel 2001. Lo studioso si è soffermato in particolare sulle 130 opere selezionate per la 52ª edizione del Concorso internazionale della ceramica d'arte contemporanea, tra le quali era esposta anche 'Cero kilòmetros' dell'artista peruviana Teresa Carvallo Rey. Nel corso dell'incontro, sono state poste le basi per future collaborazioni e scambi tra le due realtà museali. Intanto, con l'arrivo dell'euro, la moneta unica europea, sono state adeguate le tariffe d'ingresso al Museo: il biglietto intero costa sei euro, il ridotto ne costa tre, mentre le scolaresche pagano due euro e mezzo. Per il periodo invernale, il Museo delle ceramiche può essere visitato dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 13, sabato dalle 9 alle 13.30 e dalle 15 alle 18, la domenica dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 18. Informazioni al numero 0546 697311. Il sito Internet è www.micfaenza.org

LUTTO PER LA SCOMPARSA DI UNO DEI PIU´ IMPORTANTI ARTISTI SAVONESI Morto il ceramista Sabatelli Aveva 79 anni: stamane i funerali ad Albisola
(la stampa) ALBISOLA S. Era solito firmare le sue opere «Saba-telli», per distinguersi non solo dagli altri artisti dell´Albisola degli anni `50, quelli delle neo avanguardie, ma forse anche dal suo stesso passato. Erano anni d´oro per la ceramica, come veicolo espressivo: ad Albisola era arrivato Lucio Fontana che alloggiava nei locali a piano terra di Pozzo Garitta. E attorno ai tavolini di Checchin, mitico ritrovo degli artisti, siedevano per interminabili discussioni personaggi come Aligi Sassu, Agenore Fabbri, Asger Jorn, Karel Appel, Roberto Crippa. Antonio Sabatelli no. Lui che faceva parte a pieno diritto di quel movimento, se ne teneva in disparte. Un ribelle. E così è rimasto fino alla morte avvenuta lunedì, all´età di 79 anni, nella clinica dove era ricoverato. Lascia due sorelle Marisa e Silvia, numerosi nipoti e i cugini Norberto e Marco, tipografi ed editori. I funerali si svolgeranno questa mattina alle 9,30 nella chiesa di San Nicolò ad Albisola Superiore. Ceramista, pittore. «Il più estroso, il più anarchico degli artisti albisolesi. Il più sconcertante nel linguaggio e nel gesto. E´ bambino quando Antonio Sabatelli si cimenta con l´argilla e a 14 anni va da Tullio d´Albisola e da Bianco per imparare. Poi scappa di casa, ed è a Torino dove conosce Persico, Levi e soprattutto Spazzapan, l´artista che più di tutti lo interessa perchè non fa mostre, non vende quadri, rifugge da tutti gli «ismi» del suo tempo. Nel `40 il trasferimento a Milano, stringe amicizia con lo scultore Broggini e intanto prende la licenza liceale, si iscrive alla facoltà di medicina e a quindi a quella di architettura. Alla fine della guerra è a Parigi dove frequenta l´ambiente di Camus, Caffi, Salvemini, Sartre: viaggia in Olanda, Svizzera, Inghilterra, Germania. Lavora per l´Unesco e alla cineteca di Parigi, fa anche il fotografo per la rivista «Vogue», tiene mostre personali e partecipa a importanti collettive. Si dedica alla pittura, non tralascia la ceramica. Sul lungomare degli artisti ad Albissola Marina, è suo uno dei pannelli policromi. Nel suo libro «Le voci», Anna Traverso, lo ricorda così: «Non c´è. E´ uscito urlando ingiurie a preciso indirizzo. lasciando sul cavalletto l´opera della sua vita incompiuta».c. v.

Il presepe del ceramista Lelio Rossi esposto a Firenze per una raccolta benefica (la nazione) MONTELUPO FIORENTINO - Un presepe è sempre un presepe, ma quello realizzato da Lelio Rossi, noto ceramista montelupino e capogruppo del Polo in consiglio comunale, è una vera e propria opera d'arte. Realizzato in ceramica raffigura uno spaccato della vita medievale del paese. Si notano gli antichi mestieri, le case tipiche, le mura e il castello dove si trova la Natività. Le statue sembrano quasi 'viventi': non mancano neppure gli Arlecchini (celebre produzione montelupina) e impressionanti sono i piccoli oggetti di uso quotidiano alti meno di un centimetro e creati dalle mani dell'artista. Ma la notizia più bella, arriva da... Firenze. «Abbiamo deciso - racconta Marco Carraresi, capogruppo Ccd in consiglio regionale - di creare una sorta di presepe itinerante. Già lo scorso anno l'opera di Lelio Rossi è stata esposta in consiglio regionale e quest'anno è stato allestito nella Cappella seicentesca di San Sebastiano, accanto alla Pieve di Rifredi. In prossimità della chiesa, è nato un centro per anziani gestito dalla Misericordia di Rifredi. Le offerte che verranno lasciate all'interno della cappella, saranno devolute interamente al centro diurno per l'acquisto di mobili, sedie e altro ancora». Sono veramente felice che il presepe possa servire ad aiutare qualcuno - conclude Lelio Rossi - il Natale almeno per i credenti è raffigurato dal presepe e se questo può servire a migliorare strutture sociali importanti, ecco che la festa diventa veramente di tutti». di Alessandro Sansoni

I ceramisti vicini agli Usa Le opere verranno donate ai vigili del fuoco di NY
Mariangela Adinolfi (la citta) Gli eventi dell'11 settembre hanno segnato l'anno appena trascorso. Le spaventose immagini dell'impotenza dell'uomo di fronte a spietati atti di terrorismo, hanno fatto il giro del mondo. Per non dimenticare e per sostenere gli Usa, nasce l'iniziativa ''Artigiani per New York'', promossa dalla Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato) - Asnaart Campania e patrocinata dalla Regione e dal Ministero i Beni Ambientali e Attività Culturali. Una rassegna che ha come filo conduttore la ceramica, erede della grande tradizione popolare e frutto della ricerca contemporanea, assunta oggi quale linguaggio universale di solidarietà, che azzera le distanze e le diversità geografiche. Sono 30 gli artigiani campani che hanno aderito con entusiasmo all'iniziativa, realizzando 52 opere d'arte che saranno in mostra, da domani fino al prossimo 13 gennaio, negli spazi espositivi della Cappella di Villa Rufolo, a Ravello. Un vernissage che, anche nell'intento di valorizzare in ambito internazionale i manufatti campani, ripercorre in varie tappe l'intero panorama della ceramica nostrana, da quella vietrese a quella irpina, da quella beneventana e casertana a quella napoletana, rappresentata dalla luminosa tradizione delle porcellane di Capodimonte. «Quando alla fine di settembre abbiamo deciso di elaborare quest'iniziativa - ha detto Enzo Bianco, Presidente Regionale del Cna - non dubitavamo di poter ottenere un profondo riscontro da parte delle botteghe, degli artigiani e degli artisti della ceramica campana che, accomunati da una grande passione per il loro mestiere, nel realizzare queste sculture hanno dimostrato un forte sentimento di solidarietà verso l'America tutta». Tra gli artisti che hanno preso parte all'iniziativa figurano i nomi di Elisabeth Laming Pinto, Francesco Raimondi, Lucio Ronca, Salvatore Autuori, Lucio Liguori, Pasquale Liguori e Vincenzo Santoriello, artigiani salernitani rappresentati dall'Ente Ceramica Vietrese. Le opere esposte, nel mese di febbraio, saranno presentate a New York e poi donate, nel corso di una manifestazione ufficiale, al corpo dei Vigili del Fuoco, in un gesto di profonda ammirazione nei confronti dell'opera immensa e solidale svolta da questi uomini, oggi a ragione considerati dei veri e propri ''eroi''.

Ceramica, l'evento della ricerca storica
(la gazzetta di modena) Fiorano. Nel castello di Spezzano la mostra internazionale sui Carpazi Il prestigio che del resto la sede museale spezzanese sta costantemente accrescendo presso le accademie e gli istituti archeologici di tutta Europa e oltre, la realizzazione di mostre esclusive che poi sono approdate a sedi espositive di prestigio (Praga e Parigi fra le altre), permette ora all'assessorato alla cultura fioranese di estendere i confini e i contatti, allestendo esposizioni di rilevanza veramente internazionale. La mostra sui Carpazi dovrebbe essere la grande esposizione-evento del 2002. Coinvolgerà l'Istituto di archeologia dell'Accademia nazionale di scienze nella Repubblica Slovacca e proporrà un percorso espositivo dedicato a ceramiche e metalli dell'età del bronzo (fra il 2300 e l'800 a.C.). Da tempo la ricerca archeologica del centro museale fioranese si è estesa ai manufatti in genere, non più solo alle lavorazioni ceramiche, che pure sono proprie di tutte le popolazioni antiche. Ma in questo caso pare che le ceramiche della mostra siano davvero il pezzo forte, per qualità della laborazione e forme fra le più belle pervenuteci da quei periodi storici. La quasi totalità dei pezzi non è mai stata presentata fuori dai confini slovacchi e alcune parti della mostra saranno del tutto inedite. Un cambio di scenario totale quello previsto per il 2003, che abbandonerà il centro Europa e l'Italia per spostarsi verso le popolazioni amazzoniche (accendendo così nuovi importanti contatti e collaborazioni). La mostra ceramica india sarà l'evento del 2003, mentre nel 2002 verrà solo progettata, in collaborazione con la Prefettura municipale di Belem, Brasile. Sempre im ambito ceramico non mancheranno comunque ricerche più vicine all'arte italiana. Dopo Albissola, protagonista di una mostra quest'anno, nel 2002 dovrebbe essere realizzata unìesposizione in collaborazione con il museo della ceramica di Montelupo fiorentino, zona celebre per le sue maioliche. (g.b.) FIORANO. "L'età d'oro dei Carpazi" e poi "L'arte ceramica india delle regioni amazzoniche". La ricerca ceramica del centro museale permanente del castello di Spezzano si estende in tutto il mondo e dopo aver studiato negli anni scorsi la Provenza, il centro Europa, la Sardegna, si spinge ora verso nuovi confini. Una ricerca che è sicuramente molto importante ed ha un notevole valore.

Una formella di Este realizzata al Corradini è stata regalata al Papa
b.a. (il mattino di padova) ESTE. E' stata consegnata lo scorso 24 ottobre direttamente nelle mani di Papa Giovanni Paolo II la formella in ceramica realizzata dal ceramista Orlando Andrian, docente all'Istituto d'Arte «A.Corradini» di Este. Rappresenta due persone che si incamminano verso un orizzonte sconosciuto, nello specifico due genitori, seguiti da tre ombre. In mezzo alla loro c'è infatti quella di una persona più piccola, un figlio. Lo stesso che chi ha commissionato il lavoro, i genitori dell'Associazione ferrarese «Genitori in cammino», hanno perso a causa di un incidente stradale o una malattia o la droga. Assieme ai membri dell'Associazione nel corso della cerimonia di consegna avvenuta in piazza San Pietro, c'era anche l'arcivescovo di Ferrara e Comacchio monsignor Carlo Caffarra. Per chi ha realizzato l'opera una soddisfazione davvero rilevante.

Premio internazionale per tesi di laurea sulla ceramica locale
(il gazzettino) Nove Il Comune di Nove, in collaborazione con il Museo della ceramica, l'Assoartigiani della Provincia, l'Associazione Nove Terra di Ceramica, il Consorzio Ceramiche Artistiche del Veneto organizza il 2. concorso "Premio per tesi di laurea sulla ceramica" allo scopo di favorire gli studi storici, tecnologici, economici, giuridici ed estetici del settore specifico. I lavori presentati in concorso dovranno sviluppare gli aspetti elencati riferiti in special modo al territorio vicentino o veneto. Le tesi su altre realtà nazionali italiane o internazionali di vasto interesse potranno essere ugualmente ammesse in concorso, a giudizio della giuria. La partecipazione è limitata alle tesi di laurea o di specializzazione post-universitaria discussi negli anni accademici dal 1998 al 2001. Il concorso conferirà due premi (pari a 774,69 euro distinti secondo gli argomenti prefissati), un primo premio riservato alla tesi che avrà sviluppato aspetti tecnologici, economici, contabili e finanziari, giuridici, Un secondo premio alla tesi che avrà sviluppato gli aspetti storico-culturali ed esteticidella ceramica. Le domande di partecipazione entro il 31 maggio; informazioni allo 0424­829807. Alessandro Carraro

L'Ente Ceramica a Vietri per celebrare il patrono
(il resto del carlino) La festa dei ceramisti, il 17 gennaio, sarà celebrata insieme dai faentini e dagli artigiani di Vietri, nel Salernitano. L'Ente ceramica Faenza organizza infatti una 'missione' nel centro campano in occasione della festa di Sant'Antonio, protettore dei ceramisti, per incontrare i 'pari grado' del Sud. L'obiettivo della spedizione è consolidare e sviluppare attività di scambio culturale e professionale, per mettere a punto itinerari di ricerca finalizzati alla valorizzazione della ceramica artistica. Vietri è la città che ha dato i natali a Guido Gambone, grande ceramista, più volte vincitore del Premio Faenza, poi membro della giuria del concorso nazionale. Gambone ebbe il merito di interpretare le forme arcaiche della cultura antica e popolare, propria di quella parte d'Italia, offrendo con le sue opere un'idea di modernità, di tecnica e di suggestioni poetiche. Il viaggio a Vietri dell'Ente ceramica Faenza vuole giungere ad una riscoperta di questa dimensione dell'arte, per avviare anche una riflessione realistica e costruttiva su Faenza e il futuro della sua ceramica artistica.

Retrospettiva delle ceramiche di Pier Claudio Pantieri
(il resto del carlino) La produzione artistica di Pier Claudio Pantieri è così ampia e di così vasto respiro che per esporla in una normale galleria occorre operare delle scelte. La Galleria "Nuovo Segno" (Via Ugo Bassi,15) per questo motivo ha privilegiato l'opera ceramica del noto artista forlivese, una produzione, questa, ormai completamente abbandonata da Pantieri. Ad essa l'artista si era dedicato a tempo pieno negli anni '50 - '60; si tratta di opere audaci, moderne, fortemente espressive. I temi sono quelli che, in parte, connotano anche l'operazione pittorica: galli, figure, cavalli, centauri, temi mitologici tradotti secondo stilizzazioni formali e ricerche materico-cromatiche derivate non solo da uno scandaglio interiore, ma dalle conoscenze dell'arte e della cultura del suo tempo e del passato. Allievo di Biancini, Pantieri ha riservato sempre una particolare attenzione alla materia ruvida e porosa (come il raku), ai colori spesso violenti ma funzionali all'equilibrio del pezzo e alla sua resa estetica, alla incidenza del segno come elemento "portante", alla decorazione delle maioliche, alla costruzione plastica dell'immagine, sia essa un bassorilievo, un piatto, un vaso, una scultura. Il tributo al cubismo, attraverso la scomposizione di piani e di elementi della figurazione, alla metafisica, allo spazialismo, è filtrato attraverso una visione personale che si nutre di simbologie ma anche di richiami al passato, soprattutto a quello delle antiche popolazioni mediterranee. Il tema del gallo è sicuramente quello più incisivo sia dal punto di vista simbolico sia da quello estetico per la "rivoluzione di linee e di curve che si inseguono freneticamente, per un brulicare di tensioni, di piani che si infrangono..." come mette in evidenza Silvia Arfelli nella presentazione. La mostra si completa con una raccolta di dipinti esposti nella seconda sede della Galleria (via G. Regnoli,76) i quali, in gran parte, si collocano, come data ed umori, alle opere ceramiche con, in più, qualche opera realizzata anche in anni più vicini a noi. Un iter, quello di Pantieri, complesso e che rivela la vivacità, la creatività, la magia di un'arte che è riuscita a superare momenti difficili mantenendo inalterate la sua carica vitale e la forza inquietante del dire. La mostra resterà aperta fino al 16 gennaio col seguente orario 16-19. Rosanna Ricci

DI LUI MILENA MILANI SCRIVE: «UN POETICO RIBELLE CONTESTATORE, UN ESISTENZIALISTA SENTIMENTALE» L´omaggio di Albissola al pittore Beppe Bertolazzi Domani nella «Saletta» del bar Testa s´inaugura la retrospettiva dell´artista torinese
(la stampa) ALBISSOLA M. Alla «Saletta» del bar Testa s´inaugurerà, domani alle 17,30, la mostra «Omaggio a Beppe Bertolazzi», che resterà aperta sino a tutto il 15 febbraio. Un personaggio autentico Giuseppe Bertolazzi, detto Beppe, torinese d´origine (era nato nel 1933) ma quasi sempre vissuto tra Albissola e Savona, dove è morto l´anno scorso. La rassegna nella c elebre «Saletta», diretta da Michela Savaia, con la collaborazione di Spazio Cultura di Milena Milani, Cortina d´Ampezzo,ha il patrocinio del Comune di Albissola Mare e il contributo del risorante «da Nicola» di Savona e della galleria «il Bostrico», di Alfredo Meconi, di Albissola. «Autodidatta, da moltissimi anni frequentava Albissola -lo ricorda Milena Milani - e le fabbriche di ceramica. Era un personaggio estroso, molto intelligente, non sempre capito e apprezzato nel suo lavoro, perchè cambiava come il vento, nel suo universo surreale». Dopo la sua prima esposizione, risalente al 1966, Bertolazzi ha lavorato da Mazzotti, Soravia, Viglietti ed altri, creado significative ceramiche. Ancora la scrittrice Milani: «Era un indagatore nato, interessato a nuove ricerche, attento alla memoria come al futuro, spesso fuori dalla realtà, un poetico ribelle contestatore. un esistenzialista sentimentale....Non si curava del denaro, disperdeva quadri, disegni, ceramiche, ma ha vissuto riscattandosi dai clichè comuni. Gli amici lo ricordano con nostalgia, con questo "Omaggio" necessario e dovuto. Di se stesso ha detto "Io non sono un sapiente, un saggio, ma solo un uomo che si chiede". i. p.

Scontro in Comune sul Museo della ceramica Alleanza nazionale solleva la questione ambientale
(la nazione) ORVIETO — E' scontro politico sul futuro museo della ceramica orvietana che il Comune intende realizzare a palazzo Simoncelli in piazza del Capitano del Popolo. I consiglieri comunali di Alleanza Nazionale Stanisalo Fella e Stefano Olimpieri nutrono forti dubbi sull'impatto ambientale e sulle trasformazioni che il progetto potrebbe arrecare all'antico palazzo sul quale si è deciso di intervenire con una deroga al piano regolatore che impedisce di incrementare le cubature nel centro storico. Al centro della discussione c'è la realizzazione di una scalata esterna da realizzare in vetro cemento. I due esponenti di An hanno presentato un'interrogazione con la quale chiedono di sapere quali saranno i reperti da collocare nel museo e se tali beni sono stati già inventariati «Per valutarne l'originalità, l'autenticità e la rilevanza artistica tale da giustificarne un'esposizione museale». «Considerando che ad Orvieto non si puo' toccare nulla dal punto di vista edilizio, mi pare assurdo che il Consiglio comunale non debba discutere su un progetto con un impatto così forte» afferma Fella.

Grande successo per le ceramiche di Bortolotti
(il resto del carlino) FANANO — Sta ricuotendo notevole successo di pubblico la mostra dell'artista Italo Bortolotti, che in piazza Corsini a Fanano espone fino al 20 gennaio opere eseguite con una nuova tecnica: non più olii su tela, non più sculture di arenaria, bensì ceramiche. «Stava festeggiando una cinquantina d'anni d'arte — scrive Carlo Federico Teodoro nella presentazione della mostra —. Ha scelto di ricominciare dalle origini stesse delle cose. Ha messo mano a terra, acqua e fuoco, ossia la ceramica. Ha ricominciato a raccontare, sull'argilla il suo mondo: i vecchietti, il cielo, la luce, uno spaventapasseri ed un sogno». Ed è proprio un'opera dello stesso artista fananese, 'Favola di Natale', che è stata scelta, quest'anno dalla Comunità Montana del Frignano, come immagine per i biglietti augurali e per la copertina del Notiziario. Le opere dell'artista vengono realizzate in collaborazione con l'associazione culturale Terrae Novae di Spezzano di Fiorano, il cui presidente onorario è Vittorio Sgarbi.

Statuine da collezione scoperte per caso
(la stampa) Si riscoprono quasi per caso, anche se ci hanno accompagnato una vita e quasi non li vediamo più là su quel mobile, dove «vivono» da tanti anni. Poi all´improvviso, un articolo di Saper spendere attira la nostra attenzione ed eccoci subito incuriositi: «Ma sarà un oggetto da collezione?». E´ accaduto così a Carmen C. di Moncalieri leggendo la valutazione dell´esperto in merito a una statuina con la scritta Essevi: «Io ne posseggo una - scrive - con lo stesso marchio e mi è venuta la curiosità di sapere qualcosa in più di questo oggetto avuto da una persona a me molto cara e che non è più tra noi. Allego foto, sotto sta scritto Essevi made in Italy Vacchetti M. C.». L´architetto Massimo Meli, esperto di ceramiche e porcellane e anche fine restauratore, spiega: «La statuina raffigura una bagnante seduta nell´atto di truccarsi». Indossa un costume intero con bretelline incrociate sulla schiena, con due sirene disegnate su fondo scuro e un fazzoletto a riquadri legato in testa». Aggiunge l´esperto: «Si tratta di un bel modello di Sandro Vacchetti eseguito per la Essevi negli Anni Trenta. Il modello è stato eseguito quindi nella fabbrica torinese che era concorrente della Lenci. Sandro Vacchetti è uno dei maggiori esponenti delle arti applicate a Torino nel periodo tra le due guerre; nel `34 si licenziò dalla Lenci (dove era direttore artistico) e fondò in collaborazione con Nello Franchini la Essevi, dalle iniziali del suo nome e cognome. Famosissima la statua che riprende il manifesto di Boccasile "Signorina Grandi Firme" oggi introvabile. Il valore della statuina è di circa quattro milioni». Bianca e Armando B. si erano quasi dimenticati della lettera spedita a Saper spendere un anno fa e, visto che la risposta era una bella sorpresa, gliela abbiamo anticipata per telefono prima di Natale. Scrivono: «Nel 1946, anno delle nostre nozze, ci è stata regalata una bambola in ceramica raffigurante "La venditrice di fiori" e sotto uno dei piedi compare la scritta "Essevi - Italia - Torino - mod. di S. Vacchetti L. C. n. 289"». «La venditrice di fiori - spiega l´esperto - è un modello di Sandro Vacchetti per la Essevi, uno dei tanti da lui creati con soggetti di bambine. Il suo valore è di circa due milioni e mezzo». Ezio A. di Bra ci ha inviato due bozzetti: «Su questi c´è il marchio Ceramica d´arte Igni - Torino. Riuscirò ad avere informazioni dal vostro esperto?». Risponde l´architetto Massimo Meli: «I due disegni acquarellati rappresentano un volto di donna con cappello e una fanciulla sdraiata sotto un albero. Sono probabilmente bozzetti eseguiti nella fabbrica torinese di ceramiche Igni, fondata negli Anni Trenta da Nello Franchini, collaboratore di Sandro Vacchetti alla Essevi, dove lavoravano grandi artisti del calibro di Otto Maraini, Ghigo, Ines Grande. Non so dire se le due ceramiche vennero poi eseguite, sta di fatto che sono modelli che riprendono il gusto in voga all´epoca. Il valore si dovrebbe aggirare intorno alle 500 mila lire l´uno». E´ bella la storia che ci racconta Maria F. a proposito di un vassoio in terraglia: «Fu ereditato con altri oggetti da un gruppo di suore ed era usato per offrire il caffè al sacerdote quando veniva a battezzare i neonati. Ma le suore avevano paura di romperlo e me lo diedero in cambio di un altro vassoio più pratico e moderno. Mi è venuta la curiosità di chiedere se ha qualche valore». «Il vassoio in terraglia - precisa l´architetto Massimo Meli - è della fabbrica francese Sarreguimines; è stato eseguito verso la fine del XIX secolo ed è stato decorato con il sistema della stampa traendo il motivo da una scena pastorale dipinta nel 1700 dal famoso pittore Boucher. Il valore dell´oggetto è di circa 500 mila lire». In breve per Regina: «La grossa piastra da muro in terracotta presumibilmente dipinta con colori a freddo è un oggetto di difficile collocazione, potrebbe essere stato fabbricato in Germania agli inizi del `900. Il valore è di circa 500 mila lire». simonetta.conti@lastampa.it Simonetta

Carlo Zauli, maestro della ceramica
(la nazione) FAENZA — E' l'ultimo dei grandi ceramisti che se n'è andato, dopo generazioni gloriose e straordinariamente produttive. Lo ricordo come calciatore, ottima mezzala nella squadra della città, quando le grandi squadre della serie A avevano mandato in provincia i loro campioni. C'era la guerra; passata la quale, fu l'arte connaturata allo spirito della città a catturarlo definitivamente e in poco tempo a lanciarlo in orbita prima nazionale poi internazionale. Adesso Carlo Zauli (nella foto) — nato nel '26 a Faenza — è presente in 34 musei nel mondo, non so quante volte abbia fatto mostre tra l'altro in Giappone e altrove; e decorò, o illustrò, la reggia di Bagdad. Non parliamo dei nostri luoghi e della sua città, e di quello che fu il suo studio fino a quando un Alzheimer soffice quanto atroce non lo portò via agli amici e alla sua arte, che Carletto chiamava lavoro. Di Carlo restò quello che sembrava un sogno lontano, fatto di tutto e forse di nulla, o di vaghe impronte di ricordi sbiaditi. Ma il lavoro di Carlo Zauli, due volte onorato dal Premio Faenza, resta molto forte e caratterizzato negli anni, coerente nella forma e nella materia, lui avviato oramai alla rottura delle forme classiche, appartenenti alla geometria tradizionale, per attingere a quello che chiameremmo il limite della catastrofe, in cui appena la materia intima può salvare la sua struttura ormai fatta di pura presenza fisica. Cadevano le forme note sino dai greci ed emergeva, poniamo, la terra stessa o la grana di cui si nutriva. Le sfere si spaccavano, i cubi si rompevano e dalla eterna terra romagnola, dalla zolla di sempre e della terra del Lamone emergeva con la grana della terra il solco: esattamente il solco che l'aratro lascia dietro di sé. Eppure in questa rovina, o esplosione che sia, restava lucente quell'epidermide preziosa, talora colorata, in altre occasioni bianca (di quel bianco che Zauli molto amava e tutti conoscevano e ricorderanno) che tramanda a noi l'essenza della ceramica coi suoi smalti: un modo, forse, di ricreare il mondo dopo che i supporti fondamentali sono caduti. Tanto più nello studio-laboratorio di Carletto brillavano questi pezzi, nei quali il mondo era crollato ma l'epidermide tanto più acutamente richiamava lo sguardo, quasi per un dovuto risarcimento dopo ciò che sapevamo di avere perduto. Quei bianchi, quegli ori, quei colori preziosissimi, su cui si posavano le mani carezzevoli dell'artista, erano il segno del passato nostro e di un'arte che resta in noi come un retaggio ineliminabile, parte della nostra cultura e di un passato che continuiamo ad amare. di Claudio Marabini

Tesori sconosciuti: i simboli di S. Antonio Riti e antiche tradizioni tra le edicole votive di Vietri sul Mare
Franco Salerno (la citta) In occasione della festa di Sant'Antonio Abate, che cade il 17 gennaio, ci pare utile suggerire ai nostri lettori un itinerario, nel territorio di Vietri sul Mare e frazioni, alla ricerca delle edicole votive (spesso oggetto di furto!) e delle ceramiche artistiche che hanno per protagonista questo Santo egiziano. Nato verso il 250 e convertitosi al Cristianesimo, Antonio si ritirò, per condurre una vita ascetica, prima in una tomba, poi sulla cima di un monte. Qui venne continuamente tentato dal Demonio, che gli si presentava sotto forma di maiale. La rapida diffusione del culto del Santo è dovuta alla sua fama di taumaturgo riguardo alla peste e all' ''herpes zoster'' (chiamato comunemente ''fuoco di Sant'Antonio''), una fastidiosa malattia della pelle diffusa in Europa agli inizi del millennio. Per curarla, i frati antoniani crearono nel 1093 un Ordine ospedaliero, che, agendo con una fitta rete di priorati e lazzaretti, si dedicava alla cura dei vari mali dermatologici con il grasso di maiale. Il nostro viaggio inizia dal Museo della Ceramica Vietrese di Villa Guariglia a Raito. Qui è esposta, al piano superiore, una stupenda targa in terracotta, datata 1839, che concentra tutto il simbolismo antoniano, in quanto il Santo appare caratterizzato dal segno del ''tau'', dal libro da cui scaturisce il fuoco e dal maiale. La forza del ''tau'' indica la saldezza della fede nella premonizione della vita futura, mentre il libro rinvia alla sapienza e alla meditazione. Invece il fuoco, oltre a richiamare l'affezione dell'''herpes'', si collega al rito di accensione dei fuochi, che, diffuso in tutta la provincia di Salerno, serviva per allontanare le influenze invernali e la paura dei morti, che si riteneva che si tenessero lontani dalle fiamme. L'elemento del fuoco è ripreso dalla presenza delle anime purganti in basso a sinistra; il tema del Purgatorio, tipicamente antoniano, rinvia alla sofferenza e alla purificazione e, con la sua medianità (tra Inferno e Paradiso), esprime la condizione liminare, cioè di soglia e di passaggio, dell'intera esistenza umana. A destra figura il maiale. Quest'ultimo è considerato nel folklore meridionale come uno dei responsabili delle ''passioni vegetali'', cioè delle ''sofferenze'' del grano: infatti poichè gli antichi consideravano la mietitura una violenza fatta a una divinità presente nel grano, la colpa del delitto veniva riversata su un maiale, che veniva accusato di aver distrutto il raccolto con le sue incursioni maldestre: perciò, esso, vittima incolpevole, veniva ucciso. Il tema della morte si riscontra in un'altra terracotta maiolicata, del 1885, di proprietà del Prof. Pietro Filoselli, che la custodisce nella sua abitazione in Via Scialli a Vietri: essa presenta infatti il Santo orante di fronte a un teschio. Stessa posizione assorta è riscontrabile in un dipinto ad olio su tela del 1700, ora in restauro e destinato alla sua sede naturale, che è la Cappella di Sant'Antonio Abate nella Chiesa di San Giovanni Battista di Vietri. Il Santo, accanto a cui figurano il teschio, il libro e il fuoco, è inginocchiato e guarda verso un Cristo avvolto in un mantello (colore del fuoco) da cui parte un raggio verso l'eremita. Quel che colpisce in queste raffigurazioni è la pacatezza che spira dal volto del Taumaturgo, quella stessa che si impone in una storia da noi raccolta su S. Antonio Abate, che portò in Paradiso una vecchietta, anche se lei aveva preso a bastonate la sua statua perchè il Santo non procurava cibo al maiale: segnale di come la santità si abbassi fino alla dimensione del quotidiano.

Le sue ceramiche nei grandi musei
(il resto del carlino) Assente dalla vita artistica e cittadina già da alcuni anni, a causa di un male subdolo che lo aveva estraniato dal mondo, è morto lunedì sera nella sua casa di via Firenze Carlo Zauli. Il ceramista e scultore era nato il 19 agosto 1926. I funerali si svolgeranno venerdì alle 11.30 nella chiesa del cimitero dell'Osservanza. La sua è stata la vita di un artista geniale, famoso in tutto il globo. Un solo dato è sufficiente a spiegare la sua notorietà: sue opere sono conservate in trentaquattro musei del mondo. Scampato alla morte dopo un anno di prigionia in un campo di concentramento in Germania, Zauli torna a casa per diplomarsi all'istituto d'arte, dove poi avrebbe insegnato a lungo. Nel 1950 apre insieme ad altri tre amici il laboratorio di via della Croce, dove lavorerà per decenni. Il primo riconoscimento che lo consacra fra i grandi è il Premio Faenza all'undicesimo concorso nazionale della ceramica manfredo nel 1953; bisserà il premio nel 1958. Da questo momento l'opera di Zauli inizia a fare il giro del mondo. I suoi studi sul grès cominciano nel 1957: riesce ad ottenere i famosi 'Bianchi di Zauli' cuocendo a 1200 gradi la ceramica e realizzando opere che attirano ancora più l'attenzione della critica e degli appassionati. Ancora nel 1957, esegue un grande fregio in maiolica policroma di 84 metri quadrati, destinato al palazzo reale dell'Iraq, ora palazzo della Repubblica; l'opera verrà terminata nel 1958. L'anno dopo comincia la sua carriera di insegnante all'istituto d'arte per la ceramica di Faenza. I suoi successi non si contano più: è invitato alle mostre internazionali in Belgio e Austria, poi nel 1961 il Kuwait glicommissiona un bassorilievo di 90 metri quadrati per il Poligrafico di Stato. Poi premi, medaglie, riconoscimenti e, nel 1973, una serie di lezioni alla facoltà di arti a Calgary, in Canada, sulla ceramica contemporanea. Non resta legato per sempre alla ceramica ed alla maiolica, ma assaggia le peculiarità del bronzo e del marmo. Pian piano diviene uno dei grandi artisti italiani anche in Giappone. Nel paese del Sol Levante riceve, nel 1973, il primo Gran premio internazionale alla mostra di Nagoya. La sua personale di 120 opere percorre il Giappone: è a Osaka, Tokyo e Kyoto. Non terminerà praticamente mai la sua sperimentazione: prova anche la terra e l'argento. Nell'80 il ministero della Pubblica istruzione e il comune di Faenza lo nominano presidente dell'Isia, sottolineando un legame fortissimo tra Zauli e il design, ma anche con il mondo dell'industria, in cui l'artista ebbe un ruolo importante fondando insieme ad altri nel 1960 la ceramica Lafaenza. Nell'86 esegue per il Texas la sua più grande scultura in ceramica: è alta cinque metri. Nonostante l'apertura di uno studio anche a Milano (a metà degli anni '70), Zauli non ha mai abbandonato la sua Faenza. Le sue opere, di grande spessore tecnico, caratterizzate da una plasticità e da una sensualità a volte quasi sconcertanti, sono destinate a restare nella storia dell'arte e della scultura. Usa, Spagna, Francia, Belgio, Germania, Giappone, Nuova Zelanda, sono alcuni dei paesi che lo hanno invitato a tenere lezioni, ospitando sue mostre. Una testimonianza della validità della sua arte, che non aveva confini. Maurizio Marabini

Museo delle ceramiche più ricco con una trentina di nuove opere
(il resto del carlino) Non rimarrà sola a ricordare la 52ª edizione del Concorso Internazionale della Ceramica d'arte contemporanea. Accanto a 'Sombra del viento' dell'artista argentina Ana Cecilia Hillar, vincitrice del Premio Faenza, e quindi automaticamente acquisita alle collezioni del Museo delle ceramiche, numerose sono infatti le opere donate dagli artisti fra le 130 esposte nella manifestazione che si è appena conclusa. Oltre alla vincitrice Ana Cecilia Hillar (che ha ricevuto 25 milioni di lire, che utilizzerà lavorando in città per l'allestimento di una sua personale nel 2003, per la prossima edizione del Concorso) sono infatti ventisette gli artisti di diverse nazioni che hanno voluto lasciare una propria testimonianza nel museo manfredo. «Sono orgogliosa di lasciare il mio lavoro a Faenza, in quello che è il simbolo della ceramica a livello mondiale», ha detto la brasiliana Taciana Amorin, autrice di un'originale serie di 19 coppe sovrapposte. Tra le opere donate spicca anche una di quelle premiate, 'Brick and wood structure XII', del cinese Lu Bin a cui è stata assegnata la medaglia d'argento del presidente della Camera dei Deputati. Attraverso il catalogo, con tutte le opere selezionate e le motivazioni critiche, edito da Studio 88 di Faenza, sarà possibile continuare a rivedere tutti i 'pezzi' esposti per alcuni mesi nelle sale del Museo. Sono infine entrati a far parte delle collezioni del Museo anche gli elaborati di giovani allievi di Istituti d'arte italiani che si sono cimentati nel concorso 'Arte della Ceramica', in quest'occasione dedicato al tema 'Il vaso da fiori per arredamento d'interni'. Elisabetta Fornasiero dell'istituto statale d'arte 'Corradini' di Este con 'Vaso da fiori' e Caterina Striccoli, pugliese allieva dell'Istituto statale d'arte per la Ceramica 'Ballardini' di Faenza con 'Nero vivo' hanno vinto entrambe il primo premio di 2 milioni offerti dalla Fondazione Banca del Monte e Cassa di Risparmio Faenza e dall'associazione Amici del Museo internazionale delle ceramiche.

Stasera nel centro storico l'iniziativa della Bottega S. Lazzaro Fuoco al tempio di Pomona Ceramisti e artigiani a raccolta
(la citta) Metti il fascino suggestivo del campanile del Duomo illuminato a malapena, tra i vicoli antichi della città. Metti un rito antico, che affonda nel fuoco le radici di un misticismo legato a doppio filo alla vita-leggenda di Sant'Antonio Abate.carusobianco E ancora, il profumo della borace, la suggestione della ceramica plasmata ''in diretta'' nel fuoco, la terra brulla cioè, che piano piano prende forma, corpo e colore. Il risultato è una sorta di festival d'arte e leggende a cielo aperto, ''La notte del fuoco'', appunto, che prenderà il via domani sera, dalle 20 alle 24, nel piazzale antistante il Tempio di Pomona, a pochi metri dalla Cattedrale. Ad organizzare l'evento, la Bottega San Lazzaro di Peppe Natella, che ha chiamato a raccolta giovani artisti emergenti e vecchie glorie dell'arte, che saranno impegnati a partecipare ad una vera e propria jamsession della ceramica, dando prova della propria abilità e delle diverse tecniche adoperate. Dal raku al cravon faire, dal carton spire al bucchero fino al carbon fire, la cosiddetta palla di fuoco, le strade per fare della ''terra'' brulla un oggetto d'arte sono infinite. Alla manifestazione prenderanno parte Ferdinando Vassallo, con il suo gruppo di Montecorvino, Augusto Pandolfi, Marina Simoni, Mariella Siani, Enzo Caruso, Nello Ferrigno, Angelomichele Risi, Vittorio Riverso, Angelo Casciello, Antonio Pugliese ed Enzo Bianco. Sarà presente anche una delegazione di ceramisti tunisini, che lavoreranno tra gli stand che ospiteranno alcune opere realizzate nei laboratori del Mezzogiorno, da Caltagirone a Sciacca, da Grottaglie a Cerreto Sannita, da Seminara a Vietri sul Mare, da Santo Stefano di Camastra a Salerno. A tutti i partecipanti sarà poi distribuito un libro guida sulle notizie relative alle botteghe artigiane della city. (b.c.)

Il direttore dei musei civici Bojani «Un percorso espositivo che si snodi attraverso i sotterranei del centro»
(il messaggero) «Il Museo delle Ceramiche, nel complesso di San Domenico, sarà probabilmente la prima struttura del centro museografico ad essere realizzata». E’ quanto dichiarato il professor Gian Carlo Bojani, direttore scientifico dei musei del Comune di Pesaro. Già da tempo il professor Bojani ha elaborato un progetto espositivo che verrà illustrato fra poco. Vi saranno novità di carattere archeologico-urbanistico che interessano Palazzo Toschi-Mosca? «La struttura museale futura si svilupperà fra due palazzi contigui, Palazzo Mazzolari-Mosca e Palazzo Toschi-Mosca. Nell’ambito dei due musei collegati strutturalmente tramite la piazzetta che diverrà un giardino, togliendo il parcheggio che la deturpa, si creerà un itinerario museale, collegato probabilmente mediante gli ampi e monumentali sotterranei. Questi sotterranei sono stati rifatti nel 1500, ma collegarli significherebbe riaprire nuovi accessi che potrebbero anche nascondere vestigia romane. Secondo gli storici, infatti, vi sarebbe una strada romana che costeggia la facciata del palazzo Toschi-Mosca, dove attualmente è la Pinacoteca civica. Quindi con la Sovrintendenza si dovrà vedere che cosa c’è di queste antiche vestigia e valorizzarle». - Questo potrebbe lasciare presupporre anche un’ipotesi di riassetto del centro storico? «Certo che se vi fossero dei mosaici, degli oggetti eccezionali, sorgerebbero dei “problemi". Se invece si tratta di rinvenimenti di carattere urbanistico, come le strade romane, si tratta di vedere come contestualizzarle, senza provocare dei radicali spostamenti dei musei od uffici ubicati nei palazzi storici». - Nel suo progetto espositivo si parla di altri interventi, come per il Museo delle Ceramiche. Come pensa si possa strutturare? «Il progetto, su cui ho lavorato da cinque anni, comprende le linee generali di un ampia prospezione verso il futuro. Naturalmente fra le linee guida, vi è l’ampliamento della Pinacoteca e la nuova collocazione del Museo delle Ceramiche, nel complesso di San Domenico, che dovrebbe comprendere non solo la collezione Mazza, ma aggiungendo la collezione della ceramica dal Medio Evo fino al Novecento a Pesaro,la collezione Ugolini del periodo che va dal 1700 al 1880 e la raccolta della Fondazione della Cassa di Risparmio di Pesaro, integrata da Palazzo Montani Antaldi nel futuro Museo delle Ceramiche di Pesaro». P.M.

A PROPOSITO DI CERAMICA. La ricerca di Luciano Rizzi e Arturo Comacchio Modellatori, veri artisti Tra i ritratti emerge la straordinaria figura del bassanese Giuseppe Lorenzoni
(il gazzettino) Nove È un bel libro "Dal negativo al positivo", edito a cura della meritevole Editrice Artistica Bassano", scritto dal notaio vicentino Luciano Rizzi, sulla base dei racconti di Arturo Comacchio di Nove. Ovviamente, essendoci di mezzo Luciano Rizzi ed Arturo Comacchio il volume non può che parlarci di ceramica ed in particolare delle ceramiche e degli artisti che avevano a che fare con Nove. Non è questa la prima fatica di Luciano Rizzi, ce ne sono altre di precedenti, sia riguardanti temi di vita, sia di specifiche sul mondo della ceramica, come i "Cecchetto delle Nove", e ce ne saranno sicuramente altri ancora, visto che Rizzi ha trovato il filone che lo entusiasma, amante della ceramica e grande collezionista qual è, ed in quanto ex notaio, per cui deve trovare un enorme piacere nell'andare alla ricerca, tra le vecchie carte degli archivi pubblici e privati, nei vecchi libri ed appunti, di tutta una serie di cose dei protagonisti della ceramica novese, cose che gli consentono, non solo di fare il punto su ciò che è avvenuto e come, ma anche di riscoprire persone e fatti assai importanti. Importanti di per sè per una storia della ceramica, della scuola costituiscono indispensabili spezzoni, ma importanti anche da un punto di vista letterario e narrativo,perchè consentono all'autore di scrivere meravigliosi romanzi (ed è il caso de "I Cecchetto delle Nove") e dei bellissimi racconti, come nel caso del presente libro "Dal negativo al positivo". Infatti, come d'altra parte è indicato nella presentazione del volume, dopo una parte, diciamo, di natura tecnica, che non giustifica ampiamente il titolo, il libro contiene tre racconti di buon spessore letterario, che riguardano tre grandi della ceramica dell'Ottocento, dei quali ingiustamente poco si sa e poco si parla: Giuseppe Lorenzoni, Giambattista Minghetti e Girolamo Bortotti. Si tratta di tre bellissime storie, assai illustrate e documentate con la riproduzione di parte delle loro opere, uscite dalla famosa "Manifattura Antonibon" di Nove, durante gli ultimi cinque lustri del 1800 ed i cui stampi si sono ancora, per fortuna e per merito di Federico Barettoni, in parte ancora esistenti. Ciò che colpisce in particolare un bassanese però, non può che essere la breve e bella storia di Giuseppe Lorenzoni (Bassano 1843-1924), del suo percorso umano e della sua vita d'artista. E ciò anche perchè porta a nostra conoscenza uno spaccato del tempo, dei personaggi a livello nazionale e locale che ebbero a che fare con lui, degli enti ed istituti di Bassano e pure di Nove, che si potevano considerare fucine di arte e di cultura. Complimenti a Rizzi per tutto ciò, con la speranza che nel prossimo futuro abbia ancora ad operare per farci conoscere le cose del nostro passato in campo artistico , non solo perchè con ciò ci aiuta a crescere, ma anche perchè riesce a farci crescere divertendoci con la lettura delle sue ineguagliabili storie. Ri.Ca.Mo.



La ceramica artistica ha un nuovo alleato Internet la rilancia nel mondo
GUBBIO (la nazione) Anche il settore delle ceramiche artistiche dell' Umbria ha risentito negativamente dei fatti dell' 11 settembre scorso. Per sostenere questo comparto la giunta regionale ha aderito al progetto comunitario dal titolo «La ceramica europea tra arte, storia e artigianato», nel quale sono coinvolti anche Gubbio e Gualdo Tadino.«Grazie al progetto — spiega una nota della Regione — potranno essere realizzati un portale Internet comune a tutti i partner, un museo virtuale, con la catalogazione informatizzata di tutti i pezzi presenti nei principali musei del territorio e laboratori didattici sulla storia ed evoluzione della ceramica umbra e sulla promozione economica e commerciale all' estero. «L' iniziativa — ha detto l' assessore Ada Girolamini — rappresenta una occasione di rilancio della ceramica artistica, che costituisce un elemento importante del sistema produttivo dell' Umbria. La costituzione di una rete europea delle città della ceramica favorirà la conoscenza e la valorizzazione del ricco patrimonio storico, artistico e artigianale umbro».

GLI INCONTRI CON L´ARTE Albissola ospita il ceramista Salvatore Cipolla (la stampa) ALBISSOLA M. Il Circolo «Amici della ceramica - Nicolò Poggi» a cadensa mensile, per favorire una sempre maggior conoscenza e comprensione dell´arte contamporanea e, in essa, particolarmente la ceramica, organizza con cadenza mensile incontri con artisti di chiara fama. Domani pomeriggio alle 15,30, nella sede del Circolo in via Isola 11 ad Albissola Marina sarà la volta dell´incontro con il maestro siciliano Salvatore Cipolla. Ha studiato a Caltagirone, vice a sestro Fiorentino e ha insegnanto nell´Istituto d´arte di Firenze. La sua attività spazia dalla ceramica alla grafica, alla scultura in legno, in metallo, vetro e grès. Ultimamente si è dedicato anche all´arredo urbano. Questi «Incontri con l´arte» nella sede del Circolo, una fornace seicentesca,vengono ripresi con videomacere grazie a questa iniziativa il C ircolo ora dispone di una videoteca unica e ittipetibile nella quale compaiono artisti del valore di Fabbri, Caminati, Rossello, Igne, Robustelli e Cimatti. i. p.

Il Liberty ungherese nelle ceramiche della Manifattura Zsolnay 26 gennaio – 1° aprile 2002
La mostra, che è stata esposta fino al 10/01/02 all’Accademia d’Ungheria di Roma è composta da circa 85 opere di prestatori privata ed una quindicina di proprietà del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, per la maggior parte riguardanti il periodo intercorrente tra il 1870 ed il 1930, anno che segna l’inizio del declino della manifattura a seguito della perdita degli artisti di maggior rilievo. L’esposizione offre un quadro esaustivo delle innovazioni tecniche adottate nel tempo dalla Zsolnay, a partire dalla porcelánfajansz, terraglia molto raffinata, dalla imitazione di decori tipici degli avori, di gioielli, di tessuti, fino alla iridescenza particolarissima conferita dagli smalti alla eosina, introdotti da un importante collaboratore della manifattura, il chimico del Politecnico di Budapest Vince Wartha. Uno dei pezzi esposti, fra quelli di proprietà del MIC, ha una rilevanza storica essendo l’unico "sopravvissuto" ai bombardamenti che distrussero il museo il 13/05/1944, fra quelli che vennero donati al Direttore Gaetano Ballardini da Vilmos Zsolnay in occasione delle celebrazioni Torricelliane del 1908. La manifattura rimase di proprietà degli Zsolnay fino al 1948 anno in cui viene statalizzata, ed è attiva ancor oggi, rimanendo punto di riferimento e di dialogo degli artisti contemporanei.

Dalla maiolica al capasone Una scelta in mostra a Faenza
(la gazzetta del mezzogiorno) Tra i pezzi più curiosi c'è una fruttiera di smalto bianco, lucente, che nel bacino ha una simpatica figura, tutta giocata nelle tonalità del turchino. È «il mangiamaccheroni»: un uomo con cappello che divora l'ultimo boccone di fettuccine infilzate dalla sua avida forchetta; sulla tavola c'è frutta, pane e stoviglie; e sopra il suo cappello due ingombranti amorini con alucce da farfalloni (paiono mantellucci) litigano brandendo posate: quello a destra un cucchiaio e quello a sinistra due forchette, una per mano, con le quali minaccia il rivale. «Il mangiamaccheroni» è una maiolica fabbricata a Laterza alla fine del XVII secolo. Ma ora fa parte della sontuosa raccolta del Museo internazionale delle ceramiche in Faenza, la città romagnola celebre per le sue produzioni di terrecotte. Sono ben 355 i «pezzi» provenienti da fabbriche pugliesi presenti nella collezione faentina, databili dal XVI al XX secolo. E ora una scelta rappresentativa è esibita, nello stesso museo, in una mostra tutta dedicata alla Puglia e curata da Saverio Pansini (fino al 3 marzo 2002). Sono albarelli per le farmacie, fiaschette a forma di libri, piatti di maiolica con storie di nereidi e stemmi araldici (ce n'è uno superstite del servizio appartenuto all'arcivescovo di Trani Giuseppe Davanzati, plasmato a Laterza nella prima metà del '700). Ci sono acquasantiere con madonne, angeli e santi, e mattonelle devozionali, statuine del presepe, ceramiche delle scuole d'arte di Puglia... fino a una «fiasca a forma di donna» della bottega di Francesco e Raffaele Spizzico. Questa vasta e impressionante gamma di oggetti - per quanto databili solo dal XVII al XX secolo - permettono al curatore di tracciare una complessiva storia della ceramica pugliese in un voluminoso catalogo dall'identico titolo: Ceramiche pugliesi dal XVII al XX secolo (Edit Faenza, pp. XVI-486). Una storia documentata, che trasuda di pazienti ricerche in archivio, ma necessariamente suscettibile di aggiornamenti per le ulteriori acquisizioni e soprattutto per le scoperte archeologiche che in Puglia stanno restituendo maioliche e terrecotte medievali, rinascimentali e oltre, traendole dai «butti» (discariche) dei castelli e dai riempimenti delle chiese. Basterebbe ricordare il vasto corredo riemerso a Torre Alemanna presso Cerignola, sede dei cavalieri teutonici, dove sono state ritrovate le fornaci di fabbrica e dove sorgerà un Centro di studi sulla ceramica. Di certo, la ceramica pugliese finora non è stata molto studiata: ancora oggi pesa su di essa il pregiudizio che si tratti di un'arte non minore, ma minima. Per fortuna da un po' di tempo si è cambiata tendenza, si mostra una giusta considerazione, i musei vi dedicano spazi (Grottaglie ne ha uno tutto suo), e meritoriamente i castelli - come quello di Bari - ne espongono i reperti con orgoglio. Intanto si corroborano veri specialisti che possano interessarsene (ho trovato sempre stupefacente che uno dei più accreditati studiosi di ceramica pugliese sia Carlo Dell'Aquila, direttore del Dipartimento di Informatica all'Università di Bari). Considerando l'assoluta indifferenza degli studiosi d'arte nel passato, non stupisce che la raccolta «pugliese» a Faenza sia costituita essenzialmente da donazioni: ben 308 su 355 (solo 33 sono acquisti del museo). Negli anni '36-40 furono donati i materiali recuperati negli scavi di Lucera, Castel del Monte, Bari, Taranto, in genere frammenti d'epoca federiciana; nel 1935 la stessa Sovrintendenza archeologica mandava a Faenza il ciotolone medievale di Taranto con guerriero, poi danneggiato durante la guerra (ne rimane solo un frammento). Donatori furono soprattutto docenti e artisti della scuola d'arte di Grottaglie: da Roberto Rosati, allievo di Duilio Cambellotti, a Vassilj Ivanoff, il ceramista bulgaro operante a Parigi che si stanziò per un breve periodo in Puglia, da Luigi Motolese (ben 58 pezzi nel 1933) a Cosimo Calò... Naturalmente nel panorama proposto da Saverio Pansini emerge l'eccellenza del centro tarantino di Laterza, ove nel 1745 su 3.200 abitanti 67 erano impiegati nella lavorazione della ceramica, in circa 20 botteghe. Non tutti erano grandi artisti, a volte si esibivano contadini e addirittura preti: la fruttiera del «mangiamaccheroni» è appunto attribuita a un ecclesiastico, don Angelo Antonio d'Alessandro (1642-1717), che alternava l'hobby del ceramografo alle cure di pastore della chiesa matrice di Laterza. Nel '700 la produzione laertina abbandona lo stile neo-istoriato con il groviglio di personaggi mitologici e leggendari e si dedica a una figurazione paesaggistica, con animali passanti, architetture, cespugli e alberi. Se, nei primi anni dell'800, la produzione Laterza è in netto declino, il centro di Grottaglie assurge a luogo più avanzato nella regione per la lavorazione ceramica. Nel quartiere «li cameni» i maestri figulini lavoravano già nel Seicento, e tuttavia la produzione di allora è poco investigata per mancanza di documentazione. È il Settecento il periodo di massima espressione delle capacità artistiche locali, con «faenzari» e «rovagnari». Si plasmano e si smerciano acquasantiere, albarelli per farmacie, bottiglie in forma umana, stoviglie decorate: ceramiche per un mercato più borghese, accanto alla grossa produzione di terrecotte da fuoco, e i tipici «capasoni», enormi contenitori di derrate alimentari. Dell'investigazione condotta in questi ultimi anni, la vera novità è costituita dalla scoperta di altri centri di produzione finora sconosciuti. Tra i quali, il più eclatante pare essere Gravina, che nel XVII secolo mostrava all'abate viaggiatore Pacichelli i suoi «vasi celebri di majolica». Purtroppo non esistendo esemplari firmati e datati riconducibili a fornaci locali, si tende ad assegnare alla città degli Orsini alcuni elementi di «gusto laertino», soprattutto i numerosi manufatti che recano emblemi di famiglie nobili gravinesi. Né si può tacere, tra i tanti centri, quello salentino di San Pietro in Lama, dove fu certo prodotto un boccale nel 1750, firmato da un certo Pietro Pascali con un mottetto popolare. Qui più di un secolo dopo (1870), Angelantonio Paladini istituì una fabbrica di mattonelle, che si presenta come un esperimento produttivo appassionato e progressista, in anticipo rispetto alle idee del tempo. Durato tuttavia solo fino al 1896, quando la fabbrica chiuse i battenti. La disamina di Pansini si spinge fino ai nostri giorni, non tacendo neppure i fischietti di Rutigliano. E fornendo una panoramica che è una presa di coscienza su questo nostro patrimonio, valorizzato a Faenza. Perché, seppure non ci si possa abbandonare all'euforia, bisogna ricordare che ceramiche pugliesi del Cinque e Seicento fanno bella mostra di sé nei musei di Londra, Amburgo, Milano e Firenze. Giacomo Annibaldis

Saranno esposti da sabato importanti reperti etruschi È ormai tutto pronto a Peccioli per la mostra sull'archeologia
(il tirreno) PECCIOLI. Quasi pronti per l'esposizione di reperti del Santuario etrusco di Ortaglia. E questi sono gli ultimi giorni di lavoro per gli archeologi e i restauratori che stanno ricostruendo i numerosi reperti rinvenuti sulle Serre. Siamo insomma alle porte dell'inaugurazione della mostra temporanea dei primi reperti archeologici rinvenuti nello scavo del Podere Ortaglia, nella zona sud orientale del territorio che circonda il centro abitato di Peccioli. Domani tutti i materiali potranno essere disposti nelle vetrine che li accoglieranno per tutto il tempo della mostra, da sabato 26 gennaio al 30 giugno prossimo. Alcuni restauratori con il loro lavoro certosino di ricostruzione, e con l'ausilio degli attrezzi del mestiere, stanno dando nuova vita a coppe, vasi e piatti di ceramica che erano andati in frantumi, stanno donando di nuovo lucentezza ad alcune oreficerie che avevano perso il loro colore originale. Altri esperti si stanno invece interessando di fotografare, catalogare e inventariare tutti i materiali che dovranno essere esposti. Tutto insomma dovrà essere perfetto, proprio come migliaia di anni fa.

Urbania, corsi di ceramica gratis
(il resto del carlino) URBANIA Corsi serali di ceramica. Giunti alla loro IX edizione, prendono il via lunedì alle 20.30 i corsi di foggiatura e di decorazione nei laboratori dell'associazione Amici della Ceramica di Urbania (foto, i corsisti dell'ultima serie). «Abbiamo diviso il corso in due parti spiega Silvio Biagini, presidente del sodalizio base per coloro che si avvicinano per la prima volta all'antica arte e aggiornamento per i più esperti». L'iniziativa è gratuita, si tiene il lunedì e venerdì. Per oltre due mesi circa le lezioni serali saranno tenute dallo stesso Biagini assieme ad Orazio Bindelli, Antonio Violini ed altri componenti del direttivo. Obiettivo: insegnare e tramandare l'antica arte che ha reso famosa Casteldurante. Gli insegnanti, assieme a validi collaboratori, operano gratuitamente all'interno del sodalizio durantino, sia per la realizzazione dei corsi che per altre molteplici iniziative. «I corsisti, viste le precendenti esperienze, giungono da Urbania ma anche dalle cittadine vicine afferma Biagini questo porta lustro e turismo alla cittadina». Il sodalizio vede poi la collaborazione, in diversi progetti, della Regione, Provincia e Comunità Montana. A luglio al via i corsi vacanza di ceramica di durata settimanale. Info.: 329.2509372 o 0722.317646. sa.sa.

Denno. Create per il ristorante «Conte Ramponi» di Malé Le ceramiche d'arte Weber al teatro Agnelli di Torino
Vittorio Nardon (alto adige) DENNO. Pietro Weber ha ormai preso il volo verso traguardi importanti. Dal suo laboratorio di Denno, situato al piano terra in un antico palazzo del 1500, escono opere d'arte che, varcati i confini provinciali, veleggiano verso mostre sempre più prestigiose. E' infatti di questi giorni l'invito ad esporre le sue preziose ceramiche al teatro Agnelli, nel centro storico di Torino. La rassegna "Insolito" ospiterà le ceramiche artistiche create da Weber per il ristorante "Conte Ramponi" di Malé. Un accostamento insolito tra la ceramica e spettacoli teatrali quali le "Rose di Atacama" di Luis Sepulveda o "Parole spezzate", tratto da "Carta abierta a Pinochet", che ripercorre uno dei momenti più drammatici della storia cilena. Un artista, Weber, conosciuto per la sua arte, ma anche per il suo impegno nel sociale: è proprio per questo che i suoi lavori sono stati scelti per dare lustro alla rassegna teatrale torinese. Le sue opere materiche, come lui stesso tiene a sottolineare, hanno come supporto la terracotta, un materiale umile e antico che le mani dell'artista impreziosiscono e rendono raro con l'uso di colori acrilici e con accostamenti di catrame e piombo. Una ricerca continua di una propria originale forma di espressione artistica che, proprio con queste ceramiche, ha portato Weber a raggiungere una notevole maturità, testimoniata da mostre che lo vedono protagonista anche all'estero. Dopo il successo ottenuto in ottobre con la partecipazione alla mostra "Conventi aperti" di Rovereto, l'artista di Denno esporrà infatti le sue opere la prossima estate in due conventi di Londra e Monaco. Si tratta di produzioni che denotano la sua particolare spiritualità, basata su un rapporto diretto con la divinità e che con essa avvia un dialogo fatto di "offerte" e "richieste". E' una religiosità che tende all'umanizzazione del divino e che si esprime anche in quella forma particolare che sono gli ex-voto. Tornando alla produzione in ceramica di Weber, che è andata a impreziosire il ristorante "Conte Ramponi" con cento pezzi utilizzati come segnaposti, Weber ama dire di se stesso che la manipolazione della materia è la sua grande passione, che gli permette di trovare nel suo animo l'energia interiore per dare una lettura del tutto personale, originale e artistica del mondo, nel continuo tentativo di comunicare il travaglio interiore alla ricerca di sempre nuove forme di spiritualità.

Progetto da 200mila euro per un laboratorio unico nell'isola Saranno studiate le materie prime della ceramica Finanziamento richiesto attraverso i Por
(la nuova) ORISTANO. Potrebbe sorgere in città il primo laboratorio di tecnologia e studio delle materie prime della ceramica. C'è un progetto, presentato dalla Provincia su proposta dell'istituto statale d'Arte, per la creazione di un laboratorio destinato a diventare punto di riferimento per l'intero comparto della ceramica artistica isolana. Il finanziamento del progetto è stato richiesto attraverso i Por: circa 206.580 euro. «È un progetto importante - spiega il preside dell'istituto d'Arte, Antonio Pinna (nella foto) - nel quale abbiamo coinvolto tutti gli artigiani del settore della Sardegna. Se il laboratorio nascerà, colmerà un'enorme lacuna perchè dal punto di vista dell'analisi merceologioca, in Sardegna in questo settore c'è il deserto». L'iniziativa si aggiunge al lavoro che l'istituto d'Arte sta svolgendo, con altre istituzioni, per la stesura del disciplinare per il marchio della ceramica artistica. (m.c.)

Cambio della guardia al museo della ceramica di Rufoli di Ogliara
(la citta) Cambio della guardia al Museo della ceramica di Ogliara: dai primi di febbraio di quest'anno sarà diretto dalla dottoressa Gabriella Taddeo che prende il posto dell'architetto Rosalba Fatigati, operante in esso dai primi anni della nascita della struttura municipale. Nato nel settembre del 1997 all'interno di un piano di riqualificazione socio-economico promosso dall'assessore allo sviluppo Pasquale Persico in collaborazione con il noto artista e ceramista Ugo Marano, il museo andò ad occupare l'area di vecchi magazzini terranei, dove tutt'ora risiede. La sua denominazione ''Città creativa'' alludeva ad un privilegiamento della ricerca, della sperimentazione e documentazione sulla ceramica in costante collegamento con la fornace-laboratorio De Martino. Presso di essa si sono realizzate in particolare due grandi opere presenti in pieno centro cittadino: la Fontana Felice, allocata davanti alla chiesa di San Pietro, ed un pannello che è stato invece posizionato nella zona del Porto. Alle biennali si sono succeduti eventi espositivi come quello recente che ha focalizzato l'attenzione su Franchini, attività con le scuole salernitane e con associazioni locali operanti nel campo della ceramica. Ciononostante il Museo non ha assunto quella forza inventiva coinvolgente che promettevano i suoi obiettivi iniziali forse anche un pò troppo velleitari, nè è riuscito ad imporsi all'attenzione, non diciamo nazionale vista la sua giovane età, ma almeno locale. Molti salernitani ne ignorano del tutto l'esistenza, non vi ci sono mai recati personalmente, pur possedendo il Museo più di una stanza espositiva permanente. Le difficoltà iniziali del decollo della struttura sono di sicuro attribuibili sia al suo decentramento che alla mancanza di un capitolo di bilancio specifico, sono addebitabili sia alle difficoltà di identificazione iniziale all'interno della macchina comunale che alla necessità di lavorare tecnicamente a rendere la sua struttura accogliente e funzionale alla permanenza degli uffici ed alle visite dei fruitori. Una prima fase più tecnica dunque questa portata a termine dall'architetto Fatigati, che ha lavorato con passione fra mille difficoltà in un terreno ancora estremamente vergine. Si tratta ora di rilanciare il museo partendo dal livello locale ma col tentativo di proiettarsi anche oltre. Un compito arduo ,dunque, quello che attende la nuova direttrice Gabriella Taddeo, più che quarantenne, laureata in critica d'arte con il professore Angelo Trimarco, autrice di vari saggi e pubblicista nel campo della cultura. Ma ci pare di poter dire che la sua diretta appartenenza all'ambito degli artisti salernitani (che spesso sono stati i primi detrattori del Museo) potrebbe riuscire a conciliare meglio le velleità artistiche con le esigenze imprescindibili dell'amministrazione municipale, in un'ottica di riqualificazione del Museo e di crescita sociale, culturale ed economica della struttura.

L´«Esposizione internazionale» 100 anni dopo
Nel 1902 la manifestazione al Valentino pose Torino al centro dell´attenzione mondiale per l´arte decorativa: a dicembre si rinnova l´evento

(la stampa) Il 1902 non fu un anno qualunque perché mise Torino al centro del mondo con l´Esposizione internazionale di arti decorative. S´iniziava il secolo nuovo all´insegna della modernità e la gente cominciava ad imparare e capire che gli oggetti di uso comune possono anche essere belli e quelli esposti (dai mobili alla posateria, dalle fotografie ai gioielli) erano bellissimi, tanto belli da segnare una tappa fondamentale nella storia degli stili: si vide cos´era il Liberty e come già si modulava un certo razionalismo. A cento anni è giusto ricordare una data che è pietra miliare nella storia delle arti decorative. Come? Una manifestazione rievocativa avrebbe poco senso poiché qualche anno fa già la si fece con una mostra, di ottima levatura, curata da Marco Rosci e Rossana Bossaglia. Si punta invece all´evento; l´idea vincente è riassumere e documentare quel che è accaduto dentro l´ampio scenario delle arti decorative nell´arco del secolo. Detto così pare facile ma il progetto, pensato nelle stanze della Fondazione del Salone del libro e della musica, richiede intelligenza e notevoli doti organizzative. Ne è ben consapevole il segretario del Salone, Rolando Picchioni che si è battuto per ottenere le risorse necessarie a dare cornice e sostanza ad un evento che potesse innescare future manifestazioni di rango culturale. Spiega: «Il recupero e l´approfondimento di un capitolo come quello avviato dall´Esposizione del 1902 ci è parsa un´occasione da non perdere; tra l´altro le linee portanti del progetto erano state individuate ai tempi degli Stati Generali come trampolino per il rilancio del sistema culturale torinese e piemontese». La parte operativa è affidata ad uno dei più noti specialisti del settore, Enzo Biffi Gentili reduce dal recente successo del Premio Internazionale della ceramica di Vietri e della mostra fotografica «Monumentos futuros» appena conclusasi a Barcellona. A lui si deve il progetto che su quattro spazi introdurrà, al Lingotto, il primo Salone dell´«Artigiano metropolitano» (5-9 dicembre). I luoghi in cui si intrecceranno i riti della storia e della contemporaneità sono Palazzo Bricherasio, Palazzo Cavour, Palazzo Graneri, il Padiglione 5 del Lingotto. Nel primo avverrà il confronto tra passato e presente celebrando l´artista che si fa artigiano e l´artigiano che diventa artista. Riferimento obbligatorio, Picasso che genialmente lavora la ceramica a Vallauris: ed è già notizia ghiotta sapere che verranno prestati alcuni capolavori provenienti dall´atelier Madoura; a testimoniare la continuità, il ceramista Miquel Barcelò. Accanto, una selezione di oggetti che vengono considerati capolavori dell´artigianato eccellente (vetro, metalli, ceramica). Quindi l´omaggio all´artista designer, nel caso specifico, a Ettore Sottsass. Nel secondo spazio mostra (a cura di Rossana Bossaglia e Cristina Morozzi) dei prodotti di alcune aziende che esposero nel 1902 e che sono ancora attive: Lalique, Richard-Ginori, i gioielli della torinese Musy, per citare. Al Circolo degli Artisti mostra storica dell´Ordine degli Architetti che promosse l´Esposizione del 1902: in collaborazione con il Collegio degli architetti di Catalogna verrà ricordato il genio superlativo di Antoni Gaudí nel 150° della nascita e nell´anno che lo celebra nel mondo. «EccentriCity» è il titolo della mostra al Padiglione 5, un´occasione per fare il punto sugli anni Quaranta e Sessanta, nevralgici e dalla creatività un po´ folle. Si farà la ricognizione di una cultura «allargata», di breve vita ma di forte linguaggio estetico; un´avanguardia talmente audace da rimanere sommersa e che pervase un´ampia gamma di produzione: dalle ceramiche d´ornamento e d´uso, che rompevano con gli schemi della tradizione, alle fotografie dei patiti di culturismo, ai gioielli della collezione Minola, alle carrozzerie di Savonuzzi, ai mobili di Mollino, al pullman decorato da Mastroianni. Oggetti e prodotti in bilico tra sberleffo e provocazione ma sempre di elevato gusto, di magnifica invenzione: sigla di un fenomeno esclusivamente torinese e di uno dei momenti davvero magici di questa città-laboratorio. PIER PAOLO BENEDETTO